La ricetta medica

Data:
29 Maggio 2009

 
 
Cos’è la ricetta medica?
La ricetta medica è un documento scritto, redatto da un medico chirurgo (ossia: laureato in medicina e chirurgia, abilitato all’esercizio della professione ed iscritto all’Albo professionale), che consente al paziente di ottenere dal farmacista la consegna dei medicinali che vi sono elencati.

E’ valida la ricetta scritta su un normale foglio di carta?
La ricetta scritta su un comune foglio di carta (cosiddetta "ricetta bianca") è certamente valida, purchè contenga i seguenti elementi essenziali:
– nome e cognome del medico ed eventuale struttura sanitaria di appartenenza;
– nome del farmaco o del principio attivo;
– luogo e data di compilazione della ricetta;
– firma autografa del medico.
Non è necessario indicare il nome e cognome dell’assistito, a meno che il paziente stesso lo richieda. L’indicazione del dosaggio non è obbligatoria, ma in questo caso il farmacista consegnerà la confezione con la minor quantità possibile di principio attivo. L’indicazione della posologia è fortemente raccomandata.

La "ricetta bianca" deve essere scritta a mano?
Non necessariamente. La ricetta può essere scritta a mano, ma anche tramite computer: l’importante è che sia chiara e leggibile, in modo da evitare fraintendimenti od equivoci per il paziente o il farmacista. Anzi, a questo scopo, è senz’altro preferibile utilizzare il computer. Quello che conta è che la firma deve sempre essere autografa e in originale.

I farmaci prescritti con questo tipo di ricetta chi li paga?
I farmaci prescritti con la "ricetta bianca" sono sempre a totale carico dell’assistito. Per ottenere farmaci a totale o parziale carico dello Stato, nei casi previsti dalla legge, è indispensabile che il medico utilizzi l’apposito modulo per la prescrizione a carico del SSN (vedi risposte seguenti).

Quali farmaci si possono prescrivere sulla "ricetta bianca"?
Tutti quei farmaci che sulla confezione recano la dicitura: "Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica".

Quanto tempo vale la "ricetta bianca"?
La "ricetta bianca" ha validità non superiore a sei mesi a partire dalla data di compilazione e, comunque, per non più di dieci volte, salvo che per alcune categorie di farmaci (come gli ormoni o gli ansiolitici), per i quali il periodo di validità della ricetta è più breve. Entro questi limiti, quindi, la ricetta è "ripetibile" nel senso che l’assistito può continuare ad esibirla al farmacista per acquistare i farmaci, fino al termine della sua validità. Infatti, ogni volta che viene presentata al farmacista per l’acquisto del medicinale, la ricetta viene timbrata ma poi riconsegnata all’assistito per il suo uso futuro. Tuttavia se il medico indica espressamente un numero di confezioni di medicinale superiore all’unità, la ricetta diventa "non ripetibile" e, quindi, è utilizzabile solo per quella volta.

Esistono ricette sicuramente "non ripetibili"?
I farmaci che per il loro uso continuato possono determinare stati tossici o, comunque, rischi particolarmente elevati per la salute del paziente, possono essere prescritti soltanto con una ricetta "non ripetibile". In ogni caso questi medicinali recano sulla confezione la dicitura: "Da vendersi dietro presentazione di ricetta medica utilizzabile una sola volta".

Quanto tempo vale una ricetta "non ripetibile"?
La ricetta "non ripetibile" può essere presentata in farmacia entro trenta giorni dalla data della sua compilazione. Alla presentazione al farmacista, questi consegna il medicinale e ritira la ricetta.

La "ricetta bianca" è prerogativa solo di alcune categorie di medici?
No, tutti gli iscritti all’Albo dei Medici Chirurghi possono compilare la "ricetta bianca", senza alcuna distinzione.

Gli altri professionisti sanitari (infermieri, farmacisti, biologi) possono fare ricette?
No, la prescrizione di medicinali è attività tipica ed esclusiva del medico.

Cos’è la ricetta del Servizio Sanitario Nazionale?
Le leggi che disciplinano il funzionamento del SSN prevedono che il costo dei farmaci classificati in fascia A dall’AIFA sia a totale o parziale carico dello Stato. In questo caso, il medico deve necessariamente utilizzare il cosiddetto "ricettario rosa". Se il medico prescrivesse un farmaco, anche di fascia A, su una "ricetta bianca", il costo sarebbe comunque a carico dell’assistito.

Chi può usare il "ricettario rosa" per prescrivere farmaci a carico del SSN?
I medici di medicina generale convenzionati con il SSN, i medici addetti alla continuità assistenziale pubblica, i pediatri di libera scelta convenzionati con il SSN, gli specialisti ambulatoriali interni, i medici dipendenti del SSN. Non possono, quindi, prescrivere sul "ricettario rosa" i medici che non siano dipendenti o convenzionati con il SSN. I blocchetti contenenti i moduli per la prescrizione di farmaci a carico del SSN vengono consegnati dall’Azienda Sanitaria al medico dipendente o convenzionato con il SSN ed egli ne diventa responsabile del suo uso.

Gli specializzandi e i sostituti dei medici di famiglia possono fare ricette a carico del SSN?
I medici specializzandi possono prescrivere farmaci utilizzando il "ricettario rosa" in carico al loro tutor, purchè venga apposto il doppio timbro, del tutor e dello specializzando, e la firma di quest’ultimo. Allo stesso modo i sostituti dei medici di famiglia possono utilizzare il "ricettario rosa" in carico al medico titolare, apponendo il doppio timbro, del titolare e del sostituto, e la firma di quest’ultimo. Da quanto sopra consegue che i medici in formazione specialistica e i sostituti non possono ottenere un proprio blocchetto contenente i "ricettari rosa", ma devono necessariamente far uso di quello in dotazione al loro tutor/titolare.

Riepilogando, quali tipi di ricette abbiamo analizzato fin’ora?
La "ricetta bianca" ripetibile, quella non ripetibile e la ricetta a carico del SSN. Quest’ultima, in definitiva, è una ricetta non ripetibile che richiede l’utilizzo di un modulo specifico. E, a differenza della "ricetta bianca", è compilabile solo dai medici dipendenti o convenzionati con il SSN.

La ricetta redatta sul "ricettario rosa" deve avere gli stessi elementi essenziali della "ricetta bianca"?
In linea di principio sì, con l’aggiunta che sulla ricetta a carico del SSN deve essere indicato il nome e il cognome dell’assistito, il suo codice fiscale, il codice dell’Azienda Sanitaria di riferimento, gli eventuali codici e motivi di esenzione e l’eventuale nota AIFA pertinente. Il cittadino può anche chiedere che sul proprio nome e cognome sia apposta una etichetta adesiva per tutelare la sua riservatezza.

Come mai la ricetta a carico del SSN prevede questi elementi in più?
Perché questa ricetta non serve solo per ritirare i medicinali in farmacia, ma serve anche al farmacista per farsi rimborsare dallo Stato il costo dei medicinali forniti agli assistiti. Questa ricetta, quindi, ha anche una finalità amministrativa e contabile perchè con essa il medico pone a carico della finanza pubblica la spesa dei medicinali. Per questo motivo, la sua redazione richiede la massima attenzione ed il massimo scrupolo. Ad esempio, eventuali prescrizioni di farmaci a carico del SSN che siano ritenute inappropriate, possono essere contestate al medico da parte della Corte dei Conti.

Quindi in caso di falsità nella ricetta le pene saranno severe
Esatto, infatti la ricetta a carico del SSN, essendo prodotta da un medico dipendente o convenzionato con il SSN, ha la natura giuridica di atto pubblico ed il medico prescrittore assume la qualifica di pubblico ufficiale (medico dipendente) o incaricato di pubblico servizio (medico convenzionato), con pene molto severe in caso di falsità. La "ricetta bianca", invece, è una scrittura privata e quindi la sua eventuale falsità soggiace a pene meno severe, anche se comunque non certo irrilevanti. Ma non è necessario arrivare alle sanzioni penali: anche la semplice inappropriatezza della prescrizione (che non è quindi una ipotesi di falsità) espone il medico al rischio di essere accusato di danno erariale.

Ma come può una ricetta essere ritenuta falsa?
La prescrizione di un medicinale presuppone che il medico abbia visitato il paziente e abbia riscontrato l’esistenza di una patologia per la cui cura è necessario il farmaco prescritto nella ricetta. Per cui la prescrizione di un medicinale effettuata senza constatare personalmente l’esistenza di una patologia espone il medico al rischio di incorrere nel reato di falso ideologico. Ovviamente questo principio vale in senso generale, nel senso che se il medico conosce il paziente ed è a conoscenza del tipo di patologia da cui è affetto (ad esempio, una malattia cronica), può anche rilasciare la ricetta senza dover necessariamente visitare ogni volta il paziente. L’importante, però, è che il medico non rilasci mai ricette "al buio", senza essere sicuro della patologia esistente o basandosi soltanto su quanto gli viene riferito, senza aver provveduto a riscontrare oggettivamente la sussistenza della patologia.

Il farmacista può sostituire il farmaco prescritto dal medico con un altro farmaco?
No, se il medico ha indicato sulla ricetta l’avvertimento espresso "farmaco non sostituibile". Se questa indicazione non c’è, il farmacista per legge deve informare l’assistito dell’eventuale esistenza di un farmaco equivalente (cosiddetto "generico") avente il medesimo principio attivo e l’assistito può acconsentire di ricevere il medicinale equivalente al posto di quello di marca. Se però l’assistito si rifiuta di ottenere il medicinale equivalente e pretende comunque il farmaco di marca, oppure se il medico ha indicato che la sua prescrizione non è sostituibile, l’assistito è tenuto a pagare la differenza fra il costo del farmaco equivalente (coperto dallo Stato) e il costo del farmaco di marca.

Il farmacista può consegnare in caso di urgenza dei medicinali che sarebbero concedibili solo dietro presentazione di ricetta medica, senza tuttavia che l’assistito abbia la ricetta?
Sì, la legge prevede che in caso di estrema necessità e urgenza il farmacista possa consegnare all’assistito, anche in assenza di prescrizione medica, i farmaci che di norma avrebbero bisogno della ricetta medica.

Quali sono queste situazioni di estrema necessità ed urgenza?
Per esempio quando l’assistito, dimesso il giorno precedente dall’ospedale, richiede al farmacista un cortisonico iniettabile mostrando la documentazione ospedaliera che raccomanda il trattamento con quel tipo di farmaco. Oppure quando il paziente chiede al farmacista un farmaco per il quale è già presente in farmacia una ricetta non anteriore a sei mesi, con la stessa prescrizione. Il farmacista deve, comunque documentare in apposito registro questi casi eccezionali.

Esistono altre tipologie di ricette mediche, oltre a quelle fin qui esaminate?
Sì, esiste la ricetta "limitativa" e la ricetta per i farmaci stupefacenti.

Cos’è la ricetta "limitativa"?
E’ la ricetta che contiene la prescrizione di medicinali la cui utilizzazione è limitata all’ambiente ospedaliero e che riportano sulla confezione la dicitura: "Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico". E’ pure una ricetta "limitativa" quella che prescrive farmaci vendibili al pubblico, ma solo dietro piano terapeutico di centri ospedalieri o di particolari categorie di medici specialisti. Infine è anche una ricetta "limitativa" quella che riguarda medicinali utilizzabili esclusivamente dal medico specialista durante la visita ambulatoriale.

Cos’è la ricetta per i farmaci stupefacenti?
E’ la ricetta che contiene la prescrizione di medicinali per i quali la legge sulla disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope prevede specifiche modalità di distribuzione e di prescrizione. Si tratta di farmaci a base delle seguenti sostanze: buprenorfina, codeina, diidrocodeina, fentanyl, idrocodone, idromorfone, metadone, morfina, ossicodone e ossimorfone che vengono impiegati per il controllo del dolore in pazienti affetti da patologie gravi.

I farmaci stupefacenti, quindi, vanno prescritti in un modo specifico?
Sì, la legge prevede l’utilizzo di uno speciale ricettario di colore rosso distribuito dalla ASL. La ricetta ha validità per trenta giorni e deve contenere l’indicazione di una posologia adeguata ai trenta giorni di cura. La ricetta deve essere compilata in triplice copia: il medico consegna all’assistito due copie (una per l’assistito stesso e una per il farmacista) mentre la terza viene conservata dal medico. Su questa ricetta il medico deve apporre il proprio timbro con l’indicazione del suo nome e cognome e del suo indirizzo e numero di telefono professionale. Per alcune sostanze stupefacenti e limitatamente alle confezioni a dosaggio più basso, è comunque prevista la possibilità della prescrizione con la normale ricetta del SSN.

I farmaci stupefacenti possono essere prescritti solo da alcune categorie di medici?
No, tutti i medici sono abilitati a prescrivere i farmaci stupefacenti, ma esclusivamente tramite l’apposito ricettario distribuito dalle ASL che ogni medico, quindi, è tenuto ad avere. Anzi, il medico che si rifiuta di prescrivere i farmaci stupefacenti, nonostante che vi siano le condizioni per farlo, accampando la scusa di essere sprovvisto del ricettario specifico, compie un atto contrario ai suoi doveri deontologici di assistenza e cura delle persone e, quindi, è sanzionabile da parte dell’Ordine.

Ci sono regole specifiche per gli odontoiatri?
Gli odontoiatri possono prescrivere tutti i medicamenti necessari all’esercizio della loro professione. Questo significa che possono prescrivere alcune classi di farmaci più comunemente necessari alla professione odontoiatrica, quali gli analgesici-antinfiammatori, gli anestetici locali, gli antibiotici attivi sulla flora patogena del cavo orale. A contrario, all’odontoiatra non compete la prescrizione di farmaci per la terapia di malattie non odontoiatriche. Tutto questo vale per i casi normali, nel senso che in caso di emergenze che potrebbero verificarsi nell’attività odontoiatrica e che possono comportare danno grave o imminente pericolo di vita per il paziente, è senz’altro consentito all’odontoiatra l’uso e la prescrizione di farmaci di emergenza. La prescrizione di farmaci da parte degli odontoiatri liberi professionisti deve necessariamente avvenire su "ricetta bianca" (con costo a carico dell’assistito), mentre gli odontoiatri dipendenti del SSN o specialisti ambulatoriali interni possono prescrivere i farmaci in fascia A sul ricettario del SSN.

Considerazioni conclusive
I farmaci non sono mai assolutamente innocui e quindi la loro prescrizione deve essere attentamente ponderata dal medico, in relazione alle effettive necessità del paziente. Per questo è necessaria la massima attenzione e la massima diligenza nella prescrizione di farmaci, così come è dovere deontologico del medico informare adeguatamente il paziente sulle modalità di uso e somministrazione del farmaco, onde evitare rischi per la sua salute. A maggior ragione quando si prescrivono farmaci a carico del SSN, perché in questo caso il medico di fatto pone a carico della finanza pubblica il costo dei medicinali e, in caso di errori o prescrizioni inappropriate, ne risponde anche davanti alla Corte dei Conti.

Ultimo aggiornamento

15 Luglio 2014, 22:16

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