Certificati di malattia online, medici in rivolta

Data:
25 Luglio 2010

 

Il sistema dei certificati di malattia online non è ancora partito ma sta già sollevando un polverone: tra i medici di famiglia, tra quelli dell’Asl e nei pronto soccorso. Fortunatamente la data di inizio per le nuove procedure non è più a luglio ma è slittata a dicembre. C’è quindi più tempo per correggere i problemi (enormi) del sistema informatico. I pronto soccorso, chiamati ad applicare la norma almeno sulla carta, non sono preparati e fanno orecchie da mercante all’invito della Regione Lombardia a cominciare la sperimentazione. Anzi, da settembre i medici hanno chiesto di aprire un tavolo di confronto per analizzare tutte le sfaccettature di un sistema che rischia seriamente di mandare in tilt i pronto soccorso. «Proprio così – conferma Daniele Coen, responsabile del Pronto soccorso del Niguarda -. Con i certificati online c’è il rischio che la gente usi il pronto soccorso in un modo improprio, ancora più di quanto avviene oggi. Abbiamo calcolato un centinaio di certificati di malattia al giorno, per un totale di 6-7 ore di lavoro burocratico. Si tratta di ore di lavoro che il medico sottrae alle emergenze». E questi numeri sono stati calcolati sulla base di un sistema informatico che funziona e che permette di compilare un certificato nel giro di 4 minuti. «Purtroppo già oggi – aggiunge Coen – il sistema informativo va a singhiozzo, quando funziona è lentissimo e per di più il programma che utilizziamo per schedare i pazienti non è lo stesso dei certificati. I dati dello stesso paziente vanno quindi inseriti nel pc due volte». Al Niguarda la posizione è chiara: «Cominceremo la sperimentazione quando il sistema funzionerà». Per ora, al posto del certificato, i medici suggeriscono ai malati di presentare all’Inps e all’azienda il verbale del pronto soccorso.
«Se il sistema informatico si blocca – fa notare Marzia Spessot, coordinatore medico del pronto soccorso del San Raffaele – si deve chiedere al paziente di tornare. E a visitarlo di sicuro sarà un altro medico di turno. In questo modo si perde una quantità di tempo incredibile. Tempo che allunga l’attesa dei codici verdi e soprattutto di quelli bianchi. Non siamo affatto in grado di star dietro a tutta questa burocrazia».
Lo stesso allarme arriva dall’Asl, che avrebbe preferito una gestione differente della novità dei certificati. E anche la Regione Lombardia è ben consapevole degli intoppi in arrivo. Proprio il Pirellone ha spinto perché il decreto Brunetta venisse posticipato. «Le Regioni – spiega il direttore generale della Sanità Carlo Lucchina – non sono pronte e la modalità va ulteriormente testata. Non conviene a nessuno che il sistema non funzioni».
I medici di famiglia fanno notare che non tutti gli studi privati hanno la banda larga. C’è perfino qualcuno che non ha il pc: non ci sono quindi gli strumenti per dare inizio all’era del certificato online. E il sindacato dei medici della Smi sprona a non sottovalutare i costi a carico del medico, che ha un rimborso di indennità informatica di appena 78 euro al mese.
Gli unici ad essere soddisfatti della prima sperimentazione sono i rappresentanti di Federsanità Anci che apprezzano «lo sforzo di alcune Regioni, con in testa la Lombardia», che hanno «contribuito a superare le criticità» del sistema. «Con il nuovo metodo – sostengono i medici – almeno si porterà giovamento ai cittadini-utenti che risparmieranno sui costi di spedizione del certificato alla sede del datore di lavoro». Già, se il computer non si incepperà.

Ultimo aggiornamento

25 Luglio 2010, 10:47

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Certificati di malattia online, medici in rivolta

Data:
25 Luglio 2010

 

Il sistema dei certificati di malattia online non è ancora partito ma sta già sollevando un polverone: tra i medici di famiglia, tra quelli dell’Asl e nei pronto soccorso. Fortunatamente la data di inizio per le nuove procedure non è più a luglio ma è slittata a dicembre. C’è quindi più tempo per correggere i problemi (enormi) del sistema informatico. I pronto soccorso, chiamati ad applicare la norma almeno sulla carta, non sono preparati e fanno orecchie da mercante all’invito della Regione Lombardia a cominciare la sperimentazione. Anzi, da settembre i medici hanno chiesto di aprire un tavolo di confronto per analizzare tutte le sfaccettature di un sistema che rischia seriamente di mandare in tilt i pronto soccorso. «Proprio così – conferma Daniele Coen, responsabile del Pronto soccorso del Niguarda -. Con i certificati online c’è il rischio che la gente usi il pronto soccorso in un modo improprio, ancora più di quanto avviene oggi. Abbiamo calcolato un centinaio di certificati di malattia al giorno, per un totale di 6-7 ore di lavoro burocratico. Si tratta di ore di lavoro che il medico sottrae alle emergenze». E questi numeri sono stati calcolati sulla base di un sistema informatico che funziona e che permette di compilare un certificato nel giro di 4 minuti. «Purtroppo già oggi – aggiunge Coen – il sistema informativo va a singhiozzo, quando funziona è lentissimo e per di più il programma che utilizziamo per schedare i pazienti non è lo stesso dei certificati. I dati dello stesso paziente vanno quindi inseriti nel pc due volte». Al Niguarda la posizione è chiara: «Cominceremo la sperimentazione quando il sistema funzionerà». Per ora, al posto del certificato, i medici suggeriscono ai malati di presentare all’Inps e all’azienda il verbale del pronto soccorso.
«Se il sistema informatico si blocca – fa notare Marzia Spessot, coordinatore medico del pronto soccorso del San Raffaele – si deve chiedere al paziente di tornare. E a visitarlo di sicuro sarà un altro medico di turno. In questo modo si perde una quantità di tempo incredibile. Tempo che allunga l’attesa dei codici verdi e soprattutto di quelli bianchi. Non siamo affatto in grado di star dietro a tutta questa burocrazia».
Lo stesso allarme arriva dall’Asl, che avrebbe preferito una gestione differente della novità dei certificati. E anche la Regione Lombardia è ben consapevole degli intoppi in arrivo. Proprio il Pirellone ha spinto perché il decreto Brunetta venisse posticipato. «Le Regioni – spiega il direttore generale della Sanità Carlo Lucchina – non sono pronte e la modalità va ulteriormente testata. Non conviene a nessuno che il sistema non funzioni».
I medici di famiglia fanno notare che non tutti gli studi privati hanno la banda larga. C’è perfino qualcuno che non ha il pc: non ci sono quindi gli strumenti per dare inizio all’era del certificato online. E il sindacato dei medici della Smi sprona a non sottovalutare i costi a carico del medico, che ha un rimborso di indennità informatica di appena 78 euro al mese.
Gli unici ad essere soddisfatti della prima sperimentazione sono i rappresentanti di Federsanità Anci che apprezzano «lo sforzo di alcune Regioni, con in testa la Lombardia», che hanno «contribuito a superare le criticità» del sistema. «Con il nuovo metodo – sostengono i medici – almeno si porterà giovamento ai cittadini-utenti che risparmieranno sui costi di spedizione del certificato alla sede del datore di lavoro». Già, se il computer non si incepperà.

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