Utilizzo del telefono per la trasmissione dei certificati di malattia
Data:
25 Novembre 2010
Soltanto una telefonata su venti va a buon fine. Numeri decisamente scoraggianti per il call center che, da agosto, avrebbe dovuto offrire ai medici un canale alternativo alla certificazione on line in tutte quelle circostanze nelle quali l’invio telematico risulta impraticabile (visite a domicilio, assenza dell’Adsl e così via). I dati arrivano dal tavolo tecnico al quale siedono rappresentanti dei dicasteri di Salute e Innovazione e delle Regioni: sulle 9.300 chiamate giunte al numero verde in circa tre mesi, soltanto 450 (ossia il 4,9%) hanno completato la procedura fino all’ultimo step, ossia il rilascio del protocollo di riscontro da parte dell’Inps. A giudicare dai numeri, lo scoglio sul quale si arena la maggior parte delle telefonate è quello dell’immissione del "pin": l’80% dei medici "abbandona" nel momento in cui il sistema chiede l’inserimento del codice personale, prima ancora di arrivare all’immissione del codice fiscale del paziente. Per Fnomceo (che al tavolo continua a risultare assente, dopo lo strappo innescato dalle note esternazioni del ministro Brunetta) i dati sono in linea con le segnalazioni e le lamentele provenienti dai medici. «Le cifre corrispondono» è il commento di Guido Marinoni, consigliere della Federazione «ma il vero problema non sono le disfunzioni, quanto il call center in sé. In primo luogo non si dovrebbe affidare a un numero telefonico un’operazione così delicata come una certificazione di malattia; secondo, il call center dovrebbe rimanere un’alternativa limitata a casi eccezionali, mentre servirebbero interventi strutturali per coprire le zone del paese che ancora non sono raggiunte dall’Adsl. E comunque, nessuno si illuda di eliminare definitivamente la carta: una percentuale minima di produzione cartacea rimarrà in ogni caso». Se il call center resta al palo, continua invece a crescere il numero di certificati trasmessi on line, pari ormai a circa il 57% della produzione quotidiana.
Ultimo aggiornamento
25 Novembre 2010, 11:19
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Utilizzo del telefono per la trasmissione dei certificati di malattia
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25 Novembre 2010
Soltanto una telefonata su venti va a buon fine. Numeri decisamente scoraggianti per il call center che, da agosto, avrebbe dovuto offrire ai medici un canale alternativo alla certificazione on line in tutte quelle circostanze nelle quali l’invio telematico risulta impraticabile (visite a domicilio, assenza dell’Adsl e così via). I dati arrivano dal tavolo tecnico al quale siedono rappresentanti dei dicasteri di Salute e Innovazione e delle Regioni: sulle 9.300 chiamate giunte al numero verde in circa tre mesi, soltanto 450 (ossia il 4,9%) hanno completato la procedura fino all’ultimo step, ossia il rilascio del protocollo di riscontro da parte dell’Inps. A giudicare dai numeri, lo scoglio sul quale si arena la maggior parte delle telefonate è quello dell’immissione del "pin": l’80% dei medici "abbandona" nel momento in cui il sistema chiede l’inserimento del codice personale, prima ancora di arrivare all’immissione del codice fiscale del paziente. Per Fnomceo (che al tavolo continua a risultare assente, dopo lo strappo innescato dalle note esternazioni del ministro Brunetta) i dati sono in linea con le segnalazioni e le lamentele provenienti dai medici. «Le cifre corrispondono» è il commento di Guido Marinoni, consigliere della Federazione «ma il vero problema non sono le disfunzioni, quanto il call center in sé. In primo luogo non si dovrebbe affidare a un numero telefonico un’operazione così delicata come una certificazione di malattia; secondo, il call center dovrebbe rimanere un’alternativa limitata a casi eccezionali, mentre servirebbero interventi strutturali per coprire le zone del paese che ancora non sono raggiunte dall’Adsl. E comunque, nessuno si illuda di eliminare definitivamente la carta: una percentuale minima di produzione cartacea rimarrà in ogni caso». Se il call center resta al palo, continua invece a crescere il numero di certificati trasmessi on line, pari ormai a circa il 57% della produzione quotidiana.
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