Riforma medici di famiglia, l’intervento del presidente OMCEO Latina Giovanni Cirilli

Data:
13 Febbraio 2025

Riforma medici di famiglia, l’intervento del presidente OMCEO Latina Giovanni Cirilli

La questione del passaggio alla dipendenza per i medici di medicina generale, che sarebbe contenuto in un decreto ministeriale di prossima pubblicazione, sta suscitando un acceso dibattito. Favorevole alla proposta si è dichiarato il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, il quale ha recentemente dichiarato la necessità di trasformare i medici di famiglia in dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale, in modo tale da garantire una gestione più efficiente e capillare dell’assistenza territoriale. Secondo Rocca la situazione attuale è insostenibile, e l’obiettivo di questa riforma sarebbe quello di migliorare l’efficienza del servizio e garantire una gestione più strutturata e capillare dell’assistenza territoriale. Il presidente della Regione Lazio, inoltre, ha sottolineato le difficoltà di molti cittadini nel trovare studi aperti, specialmente nei fine settimana, situazione che contribuisce al sovraffollamento dei pronto soccorso. Infine, quest’ultimo ritiene che l’accordo di convenzione nazionale entrato in vigore nell’aprile scorso sia insufficiente per risolvere queste criticità. Servirebbe, invece, una riforma che consenta una gestione più diretta e flessibile dei medici, simile a quella dei dirigenti ospedalieri. «Come capo di una Regione voglio poter decidere dove e per quante ore i medici di famiglia devono prestare servizio, visto che è da qui che escono i soldi per pagarli in base al servizio prestato per il sistema pubblico. Devo avere la completa disponibilità di gestirli» le parole da lui utilizzate.

Di tutt’altro parere è il consigliere della Regione Lazio ed ex assessore alla Sanità Alessio D’Amato, secondo il quale l’attuale modello va completamente ripensato, innanzitutto puntando sulla valorizzazione delle risorse umane mediche e delle professioni sanitarie, adeguando le retribuzioni alla media dei principali paesi europei e soprattutto rendendo nuovamente attrattive le professioni sanitarie. Secondo D’Amato, risulta fondamentale motivare i giovani professionisti e puntare sulle nuove generazioni di medici, infermieri e professioni sanitarie. Questi ultimi dovrebbero essere adeguatamente formati con scuole di specializzazione di carattere universitario, con i giovani medici che decidono di entrare a far parte del Servizio Sanitario Nazionale che devono essere innanzitutto orgogliosi di entrare in una dimensione in grado di soddisfare la formazione continua e di aver accesso alle migliori tecnologie. Secondo l’ex assessore alla Sanità, infine, servirebbe una nuova visione di fronte alle sfide della transizione demografica. Il medico del territorio dovrebbe saper leggere i fabbisogni e le incidenze di patologie in gruppi di popolazioni su base distrettuale ed impostare un lavoro le cui prime cure sono a domicilio utilizzando anche “l’infermiere di famiglia”, figura centrale ed altamente qualificata.

Ad intervenire nel dibattito è anche il presidente OMCEO Latina Giovanni Cirilli. «Care colleghe e cari colleghi, tanti di voi mi sollecitano sulla questione del passaggio alla dipendenza per i medici di medicina generale, che sarebbe contenuto in un decreto ministeriale di prossima pubblicazione. Vi è una grande confusione ed incertezza, alimentata dalla necessità per la politica di riempire le Case di Comunità previste dal PNRR pena la restituzione dei fondi ricevuti dall’UE. Dietro la proposta di un rapporto di dipendenza per i medici di medicina generale c’è probabilmente la convinzione o la speranza di poterli dirottare di più verso le Case di Comunità, potendo disporre e stabilire dall’alto la distribuzione delle loro ore di lavoro. Ma non è semplice stabilire quale sia attualmente il monte ore lavorate dagli attuali medici inquadrati come libero professionisti, per altro pure loro, come tutta la sanità, sempre più gravati di una infinità di incombenze burocratiche, anche se è vero che la nuova convenzione prevede già che i nuovi assunti rendano ore di disponibilità per le case di comunità. In linea teorica potrebbe esserci un vantaggio per il cittadino se la somma delle ore lavorate per ciascuno Mmg libero professionista a settimana fosse in media inferiore alle 38 ore stabilite da un rapporto di dipendenza, ma potrebbe non esserci, o tradursi in uno svantaggio, se scoprissimo che davvero, come affermano i sindacati di categoria, il monte ore lavorato in media a settimana dall’Mmg libero professionista in convenzione fosse superiore a quelle 38 ore, o se comunque il suo carico fosse già saturo, com’è probabile soprattutto nei luoghi dove il rapporto medico-assistito raggiunge o supera il massimale 1:1.500, situazione che nella nostra provincia riguarda la maggior parte dei professionisti. A fare un calcolo approssimativo del carico di lavoro attuale ha provato uno studio targato Cergas-Bocconi Intitolato: i cambiamenti dei modelli di servizio della medicina generale  presentato nel dicembre scorso in cui si stima che i medici di medicina generale rispondano mediamente a 45 contatti al giorno con i pazienti, che salgono a oltre 70 se si contano anche quelli transitati attraverso le segreterie, e che una parte significativa di questi contatti avvenga già da remoto, tramite mail, WhatsApp, telefono. La sensazione che si ricava dal complesso dei dati è che, comunque si regolamenti il rapporto professionale, si tratti in ogni caso di tirare una coperta corta, e che quindi da una parte o dall’altra qualcosa resti scoperto. Difficile obiettivamente che chi già è al massimale del numero di assistiti o oltre riesca a dare ore alle case di comunità senza toglierne ai pazienti che già ha. E intanto le Case di Comunità, dove ci sono, possono anche essere lontane dalla capillarità del territorio dove magari un medico di medicina generale già copre più studi in diversi piccoli comuni: e allora il rischio è che salti proprio la prossimità dell’assistenza che si promette di migliorare e che un anziano che ha problemi di salute e difficoltà a muoversi prima di arrivare alla casa di comunità a molti chilometri potrebbe intercettare prima il pronto soccorso che l’idea delle case di comunità si propone  di alleggerire» prosegue il presidente dell’Ordine dei Medici di Latina, che si sofferma su due punti.

Perdita del rapporto di fiducia con il paziente

«Il medico di medicina generale svolge un ruolo cruciale come punto di riferimento per i pazienti, creando un legame di fiducia che si sviluppa nel tempo. La dipendenza da una struttura centralizzata o un’organizzazione più rigida potrebbe minare questa relazione diretta, poiché il medico non sarebbe più libero di operare secondo le esigenze e i tempi specifici di ciascun paziente, ma dovrà conformarsi a norme generali imposte dal sistema. La fiducia del paziente nei confronti del medico rischierebbe di indebolirsi, compromettendo la qualità della cura. È evidente che immaginare il trasferimento dei mmg all’interno delle case di comunità in una sorta di rapporto orario annullerebbe di fatto la scelta fiduciaria mettendo fine alla figura del medico di famiglia, da più parti si sostiene che questo peggiori la qualità delle cure erogate, il passo successivo sarebbe l’affidamento delle cure territoriali a privati e via via il passaggio dal sistema sanitario universale e solidale a quello delle assicurazioni».

Debito orario di 38 ore

«Sembra che a tutti sfugga il grande sforzo che i medici di medicina generale (MMG) stanno affrontando, specialmente dopo l’emergenza sanitaria del COVID-19. La difficoltà nella gestione del carico di lavoro crescente, insieme a una tensione nei rapporti con i pazienti e la continua pressione sulla loro vita privata, merita maggiore attenzione e riconoscimento. A volte, infatti, può sembrare che il sacrificio e l’impegno dei medici non vengano percepiti adeguatamente dalla società e dalle istituzioni. Certo in 10 anni il numero dei mmg in 10 anni è sceso di quasi 10.000 unità e attualmente si stima che in Italia ne manchino oltre 4000, soprattutto nelle regioni del Nord, mentre il numero di mmg ultra 65 anni secondo i dati forniti dalla Fimmg è di oltre 11.000 unità, nel frattempo in molte regioni la metà delle borse del corso  di formazione specifica in medicina generale non viene assegnata, questi numeri dovrebbero far riflettere per evitare il definitivo default del sistema della sanità territoriale».

«Molto finirà a giocarsi sulla scommessa di trovare modi e soprattutto risorse per rendere la medicina generale attrattiva per i giovani medici, concorrenziale rispetto al privato, all’estero e alle specialità, in un contesto in cui già si assiste, nelle specialità più impegnative e stressanti, a una fuga dal contratto pubblico per il privato o per prestazioni a “gettone”, con tutte le complessità che questo già oggi genera al servizio e all’assistenza – chiosa il presidente dell’Ordine dei Medici di Latina – .Sarà bene che tutti noi ci mettiamo in gioco far capire a tutti (cittadini, amministratori locali, politici regionali e nazionali) che la misura è colma, i medici non ce la fanno più, meritano rispetto non accuse generiche, soluzioni raffazzonate, obiettivi nebulosi, meritano certezze e non futuri incerti. Molti colleghi giovani mi hanno chiesto che fare, fare il mutuo comprare lo studio, con grande amarezza confesso di non saper rispondere, molti anziani mi hanno chiesto che fine farà l’Enpam, non lo so, lo ammetto e sono deluso. Per questo occorre senso di responsabilità da parte di tutti evitando pericolose contrapposizioni ideologiche e toni da resa dei conti, sarebbe necessario, invece, sedersi ad un tavolo cercando soluzioni che ci sono e che consentano di elevare la qualità delle cure territoriali usando le Case di Comunità per dare quella integrazione e quei servizi che servono ad una popolazione che invecchia sempre di più».

Ultimo aggiornamento

13 Febbraio 2025, 12:13

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