Non solo medicina – Il “rigatino” per l’uscita dall’euro (da quotidianosanita.it del 14 giugno 2018)

Data:
15 Giugno 2018

Battendo moneta a gogò si potranno autarchicamente tagliare tasse, elargire redditi di cittadinanza, distribuire pensioni, aumentare gli stipendi pubblici, moltiplicare le guardie anti immigrati e pure raddoppiare i soldi alla sanità. Però solo per una pagina di calendario. Perché partirebbe un’inflazione messicana ed essendo noi un Paese che importa sia prodotti finiti, sia intermedi, sia materie prime ed energia, pagheremmo tutto il doppio 

13 GIU – “Onorevole, ci dica: come reperirete le risorse per soddisfare tutte le promesse del vostro “Contratto di Governo”?” “Guardi, nessun problema tarapìa tapiòco ai tavoli europei come se fosse antani, e investimenti in deficit della sbiricuda per pace fiscale prematurata con scappellamento a destra”.

Gli epigoni governativi del Mascetti, insomma, non hanno ad oggi chiarito come sostenere i loro ambiziosi programmi. Compito arduo, almeno tutti e subito (ne commentavo qui su QS alcuni giorni dopo le elezioni). Solo che il loro elettore li giudicherà su quelli, essendo stato attratto più che dalla loro proposta “alta” di palingenesi politica, dall’addominale tornaconto: flat tax, reddito di cittadinanza, Fornero, pensioni, ecc..

Il tema entra prepotentemente in sanità, quale parte rilevante della spesa pubblica, il suo 15%circa, il 6,7 del PIL. Ogni intervento di finanza pubblica, in una direzione o nell’opposta, si riflette direttamente o indirettamente su ospedali e Co.

Proprio la sanità è probabilmente uno degli esempi più emblematici di moltiplicatore keynesiano, l’intervento pubblico che “ritorna” moltiplicato come utilità individuali e soprattutto collettive. I punti del contratto in tal senso sono quasi tutti condivisibili (come non potrebbero esserlo), però vaghi, appunto, su come finanziarne i costi elevati aggiuntivi.

Visto che per il “contratto” nel suo insieme servono altri 100 miliardi l’anno in aggiunta al consueto rinnovo del debito da 400, la metà della spesa pubblica: senza quel prestito addio stipendi, pensioni, ospedali… E senza più il generoso bancomat-QE di Draghi “whatever it takes”. “Buffi”, i debiti a Roma (dal francese “pouf”), ovvero ispirare fiducia.

Un Governo che propone spese ingenti senza chiarire in che modo verranno finanziate allarma i creditori presenti e futuri. Preoccupati che li useremo non per crescere ma in spesa improduttiva, come spesso fatto nel nostro festival permanente della prebenda, della rendita parassitaria, dell’arraffo da ”entropia del mariuolo”.

L’investimento in deficit ventilato nel “contratto” innesca certo i moltiplicatori keynesiani ma solo se accompagnato da riforme importanti, per incrementare l’avanzo primario con cui erodere un poco alla volta il moloch del debito. Riforme, ovvero tempo, competenze, resistenze, compromessi, impopolarità. Tutto compatibile con le aspettative seminate nell’elettorato? E se la mirabolante cornucopia tardasse ad arrivare? Quale la reazione e le controreazioni?

Farebbe allora ancora capolino quel pensiero recondito. La tentazione della scorciatoia. Il “rigatino” del Conte Mascetti, per restare in tema, quando dopo giorni di bagordi al Grand Hotel con l’amante contorsionista, si mette un pigiama a righe e fingendosi un fattorino della concergie in divisa scappa dall’uscita di servizio lasciando il conto da pagare.

Allora un venerdì sera, a mercati chiusi, di soppiatto ci mettiamo il “rigatino” e scappiamo zitti zitti dal Grand Hotel Euro, il lunedì lasciamo chiuse le banche per evitarne l’assalto, istituiamo la Nuova Lira svalutata del 50%, consolidiamo il debito rinviandolo a babbo morto e battiamo tonnellate di nuova moneta.

Un’ipotesi estrema, ucronica, distopica. Negata dal Palazzo. Però fino a ieri era la bandiera dei due partiti, quella che ha bloccato Mattarella finché rimossa in zona Cesarini dai due Dioscuri pur di ricevere l’incarico. E che, fateci caso, non passa giorno senza che qualche economista ultrà della diarchia la ritiri fuori, pur negandola però con sorrisetti maliziosi.

Battendo moneta a gogò si potranno così autarchicamente tagliare tasse, elargire redditi di cittadinanza, distribuire pensioni, aumentare gli stipendi pubblici, moltiplicare le guardie anti immigrati e pure raddoppiare i soldi alla sanità. Il tutto tra applausi scroscianti, ali di folla festanti e social in delirio.

Però solo per una pagina di calendario. Perché intanto partirebbe un’inflazione messicana, ed essendo noi un Paese che importa sia prodotti finiti, sia intermedi, sia materie prime ed energia, pagheremmo tutto il doppio. Con nessuno più disposto a prestarci un cent ed essere nostro partner.

Ci ridurremmo rapidamente in miseria che, giusto per restare nel nostro campo, a confronto coi nostri, gli ospedali Greci ci sembreranno la Mayo Clinic di Las Vegas. E allora non ci sarà più supercazzola che tenga.

Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria 

Ultimo aggiornamento

13 Luglio 2018, 11:19

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