Medicina di genere. Il rischio di “dimenticare” i maschi (da quotidianosanita.it del 30 maggio 2019)
Data:
6 Giugno 2019
Storicamente, le politiche sanitarie basate su un approccio di genere si sono focalizzate su strategie volte a migliorare lo state di salute delle donne. Paradossalmente, ciò si è tradotto in una diseguaglianza di genere in termini di programmi di politica sanitaria a sfavore del genere maschile
Si sottolinea infatti come il riconoscimento di queste differenze di genere e le strategie di servizi per la salute e di promozione alla salute volti a raggiungere il genere maschile siano fondamentali per il raggiungimento di una equità dei servizi in ottica di genere.
Se da un lato è vero che le donne si ammalano di più, consumano più farmaci e presentano sintomi e segni diversi, per le stesse patologie, rispetto agli uomini, d’altro canto le malattie croniche non comunicabili, soprattutto malattie cardiovascolari, tumori e malattie respiratorie, sono le principali cause di morte e disabilità negli uomini, influenzate a loro volte da diseguaglianza di esposizione a fattori di rischio, quali consumo di alcool, fumo di tabacco e sostanze d’abuso e stili alimentari con conseguente sovrappeso/obesità, che a loro volta sono determinati da ruoli di genere e background socio-economico.
Il genere maschile, non solo è più esposto ai principali fattori di rischio delle malattie croniche non comunicabili, ma è tradizionalmente meno propenso a programmi di prevenzione primaria e secondaria rispetto al genere femminile e si rivolge all’aiuto sanitario più tardi rispetto alle donne. In generale, la percezione dei fattori di rischio da parte del genere maschile è inferiore. Tuttavia, gli uomini riferiscono uno stato di salute soggettiva migliore rispetto alle donne e non ritengono di necessitare di servizi sanitari mirati.
Inoltre alcune patologie considerate classicamente femminili molto spesso non vengono riconosciute nel maschio e sono quindi sottostimante. Un classico esempio è rappresentato dall’osteoporosi, una malattia che è sempre stata considerata appannaggio del sesso femminile, ma che colpisce anche l’uomo, tanto che, dopo i 60 anni, un uomo su 5 ne soffre.
Negli ultimi anni è stata osservato un incremento del numero assoluto delle fratture di femore in Italia soprattutto nella popolazione maschile, ma l’osteoporosi maschile è poco considerata e non esistono ad oggi interventi di prevenzione per questa patologia. Infatti, mentre per la donna esistono programmi di screening e in generale il sesso femminile ha una buona consapevolezza su questa malattia, pochi uomini la conoscono, non esistono programmi di prevenzione e anche i medici tendono a trascurarla. Eppure gli uomini muoiono più delle donne in seguito a frattura osteoporotica dell’anca. Eppure la determinazione della densità minerale ossea è effettuata per il 90% dei casi in donne.
Si sottolinea pertanto l’importanza di un approccio di genere come un cambio di prospettiva e culturale che renda la valutazione delle variabili biologiche, ambientali e sociali, dalle quali possono dipendere le differenze dello stato di salute tra i due sessi, una pratica ordinaria al fine di migliorare l’appropriatezza degli interventi di prevenzione e contribuire a rafforzare la “centralità del paziente” e la “personalizzazione della terapia”, intervenendo soprattutto in quelle zone ombra sopra riportate, tanto nell’uomo quanto nella donna.
Carlo Foresta
Professore ordinario di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Padova.
Direttore UOC Andrologia e Medicina della Riproduzione, Azienda Ospedaliera di Padova
Membro Consiglio Superiore di Sanità
Andrea Di Nisio
Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Padova
1. World Health Organization, Regional Office for Europe. The health and well-being of men in the WHO European Region: better health through a gender approach. World Health Organization 2018
Ultimo aggiornamento
6 Giugno 2019, 22:59
Commenti
Nessun commento
Lascia un commento