Le “100 tesi per discutere il medico del futuro” – Terza pillola: Errori e insuccessi medici
Data:
15 Settembre 2019
Colleghi!
questa non è una pillola, è una pillolona!
L’argomento ci tocca nel vivo della professione.
Se ritenete di sapere tutto o quasi tutto sul problema allora non iniziate neanche a leggere.
Se avrete piacere e curiosità di leggere allora riservatevi circa 30 minuti di tempo.
Non possiamo risolvere tutti i nostri problemi con un “cinguettio”, un “facebook, un “whatsapp”.
E poi il linguaggio del Prof. Ivan Cavicchi, laurea honoris causa in Medicina, non sempre risulta di immediata comprensione, è pur sempre un sociologo! Ma noi siamo sicuri che i nostri pazienti, divenuti esigenti, comprendano sempre il nostro linguaggio o peggio la nostra scrittura? E i nostri interlocutori?
Buona lettura
Il Presidente
Giovanni Maria Righetti
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Per leggere le precedenti “pillole” clicca >>>https://www.ordinemedicilatina.it/category/100-tesi-medico-del-futuro/
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Errori e insuccessi medici
Sinossi
Oggi quello che fa il medico è sempre più esposto ad un giudizio tanto sociale quanto individuale.
Il medico non deve solo giustificare quello che fa rispetto alla sua deontologia e alla sua metodologia di riferimento ma deve giustificare quello che fa rispetto alla persona malata.
La grande trasformazione paziente/esigente ha prodotto un cittadino che pretende, spesso in modo irragionevole, una medicina infallibile e un medico che non sbaglia mai.
La pretesa non è assurda in sé perché se il medico sbaglia chi ci rimette è il malato, quindi chiedere sicurezza da parte sua è un diritto.
È assurda perché la medicina è una impresa scientifica fallibile e il medico non è un super uomo e quindi può sbagliare.
La questione chiama in causa la definizione di cosa sia giusto e di cosa sia sbagliato e pone il problema da una parte dell’errore e dall’altra dell’insuccesso medico che come è noto sono due cose completamente diverse. Tanto la questione dell’errore che dell’insuccesso, per loro natura, sono destinate a crescere con il crescere del grado di complessità dell’impresa medica. Nonostante l’urgenza di affrontare tale questione con spirito pratico e pragmatico sino ad ora resta debole la risposta della medicina e del medico. I tentativi di proteggere il medico dalle conseguenze legali dell’errore hanno prodotto:
- da una parte una legge (L.24) molto discussa, con grandi ambiguità e non poche contraddizioni che oggi, anche se appena sfornata, pone la necessità di significative correzioni
- dall’altra una cultura della resilienza cioè della resistenza nei confronti dell’errore (risk management) che pone molti interrogativi sulla sua effettiva efficacia sociale.
Si tratta di affrontare una discussione di tipo nuovo sull’errore medico che sappia creare le condizioni favorevoli per un accordo sociale sulla fallibilità e nello stesso tempo ricreare condizioni di fiducia senza le quali è difficile che il medico lavori in serenità.
Proposizioni di approfondimento
1 Una delle conseguenze più importanti del mutamento della figura del paziente è stata sicuramente quella di aver fatto emergere la questione dell’errore. Gli errori in medicina ovviamente ci sono sempre stati, ma, fino a un certo punto, essi erano per lo più imputabili alla sorte avversa e al destino o alla sfortuna ma da un po’ di decenni essi sono imputabili soprattutto al medico. Con il paziente gli errori non esistevano perché tutto era colpa della fatalità ma con l’esigente gli errori esistono e sono colpa dei medici.
2 Con l’emergere dell’errore imputabile al medico le questioni che si pongono, a parte quella centrale della sicurezza del malato, sono essenzialmente due:
- quella economica della crescita degli indennizzi che si devono corrispondere ai malati danneggiati
- quella deontologica del controllo sulle prassi mediche e dei comportamenti professionali opportunistici da parte dei medici.
3 Alla prima, a partire dalle assicurazioni, si risponde con il risk management vale a dire con una logica che tout court, viene trasferita dal mondo delle assicurazioni alla sanità pubblica e che, in quanto tale, non è priva di aporie. Alla seconda, con la recente legge sulla responsabilità medica (L.24) cioè con un a dire il vero maldestro tentativo di protezione del medico dalle conseguenze della colpa professionale.
4 La gestione del rischio ambisce di fatto a controllare le complessità della prassi medica fino a gestirne l’autonomia, le prerogative, le competenze, le conoscenze. Essa nei fatti si propone come soluzione unica per il governo delle prassi medica prima ancora che del rischio rischiando di degenerare in una specie di gestionalismo clinico, cioè di vedere tutto attraverso la lente deformante della gestione intesa nei confronti delle complessità cliniche quale unico ideale regolativo.
5 Attraverso il rischio viene sancita, malgrado le buone intenzioni, un controllo sui caratteri degli atti clinici e un controllo delle autonomie professionali e delle modalità delle organizzazioni, ecc. Insomma, per ragioni di sicurezza in mancanza di meglio, si giustifica una tecnocrazia per la prevenzione del rischio, che ambisce a controllare la medicina con un pensiero gestionalista. Resta il discorso del rapporto tra medico e cittadino che sostiene che meglio della strada della gestione del medico è la strada della riduzione del contenzioso con una nuova relazione sociale di tipo fiduciario su base affidataria.
6 Nella società, in modo del tutto ingiustificato, anche suggestionati dai progressi della medicina e dal ruolo determinante della tecnologia, comincia a farsi strada una idea di medicina senza errore, di medico infallibile, di pratica pianificata e controllata, del tutto implausibile perché non realistica e che ha l’effetto di accrescere, nella società, le aspettative non solo di curabilità ma di guaribilità anche laddove esse per ragioni naturali e per evidenti limiti scientifici sono precluse.
7 Tutto questo ha un forte impatto sulla professione medica che resta per certi versi quasi schiacciata tra risk management e legislazione sulla responsabilità professionale.
8 A parte i problemi della medicina difensiva, a parte quelli insiti nel rapporto difficile tra gestione sul medico e autonomia del medico, resta il fatto che il medico non può, proprio nella sua autonomia, essere il primo “esperto” di rischi e quindi il primo gestore delle sue prassi. Dal momento che non esiste né un atto medico perfetto e meno che mai una medicina infallibile resta la strada di concordare, con questa società, una idea ragionevole di fallibilità e nello stesso tempo di corresponsabilizzazione.
9 I medici naturalmente devono sbagliare il meno possibile perché i loro errori rischiano di danneggiare il malato. Danneggiare il malato per un medico prima di ogni altra cosa è un paradosso che lo nega come medico. Il medico normalmente non procura danni ma ripara quelli causati dalle malattie. Le malattie oggi sono considerate danni alle persone. Ecco perché un eventuale danno nel danno per l’esigente diventa intollerabile.
10 Chiariamo anche che vi sono errori imperdonabili ed errori perdonabili e questo non dipende dalla loro entità, cioè dal loro impatto sul malato, ma dal ruolo della volontà e dell’intenzionalità del medico. Se qualcosa accade indipendentemente dalla volontà del medico, in questo caso, esso per quanto grave sia, è perdonabile. Ma non il contrario. Chiariamo quindi che tutti quegli errori che la legge riconduce a imperizia, negligenza e imprudenza, del medico, restano gravi, cioè ingiustificabili in quanto tutti evitabili nel senso che se il medico non sbagliasse essi non accadrebbero.
11 Chiarito ciò, resta un tipo di errore, che definiamo congetturale, che va assolutamente recuperato, e che riguarda il ruolo positivo della congettura nei confronti della conoscenza medica, cioè la sua funzione epistemologica ineliminabile. Una congettura è praticamente una ipotesi, vale a dire una verità possibile, ma non certa, quindi a rischio di essere smentita dai fatti verso i quali ha l’obbligo di essere verificata quindi per sua natura fallibile. Senza congetture e senza ipotesi non si avrebbe medicina. Parliamo quindi di errori congetturali possibili al fine di dare luogo alla cognizione medica e senza i quali la medicina sarebbe impossibile.
12 Nella realtà della medicina, se non ci fossero gli errori congetturali non ci sarebbe decisione, né scelta giusta, né verità. Questo tipo di errore in medicina, in un rinnovato rapporto fiduciario con la società va, quindi, riabilitato riconoscendogli soprattutto una funzione conoscitiva fondamentale. In medicina, l’errore congetturale, consente di costruire i giudizi.
13 Riabilitare deontologicamente l’errore vale come riabilitare la fallibilità dell’impresa medica che in quanto tale ha bisogno di consensualità sociale. Si pone un problema di tutela epistemologica dell’errore congetturale dal momento che:
- la medicina è un insieme di discipline fondamentalmente “stocastiche” (“congetturali”) e il bravo medico è colui che fa congetture barcamenandosi tra “il più o meno indovinato” e il “più o meno sbagliato”, quindi bravo soprattutto a servirsi delle congetture per conoscere di più e meglio
- la frequenza degli errori accidentali in medicina è tanto più grande quanto più l’errore è piccolo ed è massima quando l’errore si avvicina allo zero, cioè alla certezza, quindi minima quando l’errore è grande cioè quando si avvicina all’improbabilità
- I clinici, come tanti altri, usano l’errore per poterlo minimizzare e quindi poter decidere una qualche diagnosi con una qualche probabilità di successo
- la funzione dell’errore congetturale in un processo di conoscenza è soprattutto gnoseologica e epistemologica. Cioè esso è funzione di conoscenza.
14 Eliminare l’errore congetturale vale come conoscere di meno e conoscere di meno vale come curare di meno. Nella pratica clinica più è probabile l’errore congetturale, più esso si avvicina alla verità, nel senso di avvicinarsi sempre di più alla verità. L’errore congetturale è un modo per aderire alle cose il più possibile specialmente quando il quadro non è chiaro. Questo è certamente la regola in medicina. Vi sono casi nei quali non c’è alcuna certezza clinica attraverso l’errore congetturale, il medico tenta di aderire il più possibile al malato che non conosce.
15 Comprendere un malato, a volte, per un medico è più un indovinare che un conoscere. Chiariamo i termini:
- indovinare vale come individuare con esattezza affidandosi all’intuito, all’esperienza, a supposizioni diverse, qualcosa
- conoscere vale come cognizione ampia e approfondita di qualcosa, sulla base di dati e di informazioni. La verità clinica, in medicina, spesso non è altro che la misura della nostra capacità professionale di indovinare. Un bravo medico è anche colui che sa indovinare. Se il medico indovina è quando gli mancano i dati per dire che ha sbagliato. Ma se un medico indovina è perché egli si fida degli errori congetturali che ha già commesso, cioè si fida della sua esperienza cognitiva.
16 I medici quindi sulla base di tante cose (esperienza conoscenza, intuito, sensibilità), indovinano i casi difficili. Questo implica che per un clinico una risposta ci sia sempre e che il formarsi di nuove ipotesi cliniche non significhi tanto creare nuove interpretazioni quanto modificare quelle già fatte e riusarle. I medici non indovinano all’improvviso, come quando hanno un’intuizione, ma dopo un processo inferenziale in cui soppesano le possibilità che si sono configurate gradualmente. Essi credono di conoscere in realtà non sanno che stanno indovinando usando quello che sanno ed hanno imparato nella loro esperienza.
17 Indovinare sia chiaro non è tirare a sorte e meno che mai è una funzione oracolare ma è una precisa quanto complessa inferenza razionale che passa tra intuizione e esperienza. Se indovinare è una forma di attività statistica inferenziale (a differenza della statistica descrittiva) esso dipende dall’attività razionale concreta dei medici quindi dalla loro esperienza. Indovinare in realtà è solo una verità relazionale altamente probabile.
18 A volte capita che un medico per fare una diagnosi è costretto a fare molte analisi di laboratorio o per decidere una terapia efficace a provare diversi trattamenti, questo capita quando il caso non è chiaro, ambiguo ed equivoco. Se i medici sono incerti è perché davanti a un caso poco chiaro essi vogliono ottenere una maggiore precisione empirica.
19 La verità in medicina spesso è una forma di plausibilità, per un medico basta avere un motivo sufficiente per attivare un’inferenza per indurre il comportamento giusto. Quanta più attenzione i clinici mettono nello studiare un caso, tanti più sono i dubbi che essi hanno e al dubbio non è infrequente che si associ l’errore cognitivo.
20 Le decisioni sbagliate restano tali e non sarebbe etico imparare a spese dei malati, ma è inutile negarlo, al momento di decidere tornano in ballo e aiutano il medico a decidere. Anche se i medici avessero una completa conoscenza delle cause delle malattie comunque non ci sarebbe legame necessario tra esse e quello che accade realmente ai malati, perché le cose non accadono in modo da adeguarsi ai loro modelli di malattia. La conoscenza del medico è sempre disturbata da qualche interferenza.
21 Rivalutare l’incertezza per un medico significa rivalutare la prudenza e da un punto di vista deontologico imparare certo a non sbagliare, ma soprattutto, se inevitabile, a “sbagliare bene”. Sbagliare bene significa che l’errore del medico non danneggia il malato ma ne favorisce la cura. La prudenza è una virtù oggi spesso sacrificata per ragioni di tempari, di restrizioni organizzative, di carenze diverse, ma oggi essa va riabilitata sia deontologicamente che socialmente.
22 L’errore epistemologico è giustificato dalla complessità del caso dalla sua ambivalenza e della sua ambiguità. Ciò che è ambivalente va con-diviso e per con-dividere serve da parte del medico un pensiero coinvolgente. Un esempio di pensiero coinvolgente è il consenso informato. Il limite della letteratura sull’errore clinico è la scarsa coscienza della complessità in gioco. Se normalmente si sbaglia bisogna insegnare a non sbagliare quando è possibile, a sbagliare bene quando non sbagliare è impossibile, che non sbagliare è irrealistico.
23 Imparare dall’errore per i medici e i cittadini significa:
- riconoscere il valore della fallibilità
- spiegare come si conosce un malato con gli errori
- spiegare come, con gli errori si pensa si ragiona si giudica e si decide
- imparare a sbagliare
- decidere insieme.
Aporie
1 Oggi non si tratta di educare il medico a non commettere errori ma di educarlo alla decisione nella complessità. Cioè di formarlo alla scelta.
2 Oggi abbiamo bisogno di una pedagogia non dell’errore ma della decisione ma non per fare dei medici dei solutori, dei problem solvers educandoli all’infallibilità ma per aiutarli nelle loro scelte e decisioni difficili quindi per farne dei decisori esperti di imperfezioni esperti di errori, di complessità e di complicazioni.
3 Oggi il grande problema è credere che con il metodo (linee guida) sia possibile essere relativamente infallibili. Su questo presupposto si basa la legge sulla responsabilità professionale. Il metodo, che è quello già descritto più avanti, dovrebbe essere uno strumento critico della razionalità medica rispetto all’esperienza del decisore ma non lo strumento per impedire al medico di scegliere. Ciò che l’errore non può tollerare sono le pretese apodittiche delle procedure.
4 Non si possono dare metodologie contro l’errore senza porre il problema degli errori delle metodologie. Questo è un tema del tutto assente dalla discussione sull’errore ma soprattutto di questo problema la legge 24 è del tutto incosciente.
5 Oggi il fallibilismo del metodo significa considerare gli errori legati a quei presupposti, definiti “scientifici” o “razionali”, e che hanno la pretesa di proporsi come delle verità indubitabili, giuste, esatte, perentorie. Il fallibilismo senza una critica seria alle “prove di verità” non è convincente.
6 Oggi in sostanza si tratta di riabilitare la medicina e il medico che suo malgrado sbaglia agli occhi della società. Fondamentale per i medici è cambiare la percezione sociale dell’errore e del rischio e per fare questo è necessario restituire, a rischio e a errore, la loro complessità epistemica e la loro propria dimensione sociale. In questo ambito rientrano i problemi del consenso informato, della validazione consensuale, della decisione sociale, della corresponsabilizzazione e condivisione della relazione di conoscenza.
7 Oggi la validazione sociale è un discorso di corresponsabilizzazione sociale e di partecipazione sociale quindi di governo sociale, ma non solo. Il governo sociale del rischio abbisogna di una garanzia senza la quale è difficile ricostruire le condizioni di fiducia del cittadino nei confronti del medico che è quella di assicurare al cittadino ipotesi di sistemi medico-sanitari con il più alto grado di affidabilità nelle contingenze possibili.
8 Oggi è sbagliato concepire errori e rischi solo come gestione del grado più basso di errori e di rischi in un sistema. Il problema sono le contingenze più affidabili. Per avere consenso sociale i medici non devono offrire una medicina infallibile ma una professione e dei servizi affidabili questa è la sfida.
9 Oggi sulla base di questa precondizione l’obiettivo del governo sociale del rischio e dell’errore è quello di governare la fallibilità. È un falso obiettivo quello della massima sicurezza e dell’infallibilità. La fallibilità va accettata prima di tutto socialmente, quindi usata con delle garanzie. E la sicurezza ribadiamo è un problema di contingenze e di organizzazione oltre che di modelli di razionalità.
10 Oggi la fallibilità ragionevole consente di riequilibrare i rapporti tra “la medicina che sbaglia” e il “sistema che sbaglia”. Oggi non è credibile che sia solo il medico a sbagliare. Esistono contesti organizzati che predispongono all’errore. Per cui dall’ambito di discussione dell’errore non si può escludere il ruolo e il peso delle organizzazioni del lavoro. Quando le organizzazioni del lavoro sono in massima parte carenti si sbaglia di più. Nella legge 24 manca del tutto un discorso sulle corresponsabilità dei datori di lavoro e delle organizzazioni che costoro decidono e impongono.
11 Oggi alla cultura della resilienza è preferibile una cultura della resipiscenza sociale che corregga da una parte le percezioni sociali sull’errore e sul rischio per dare fiducia e dall’altra corregga il modo di conoscere e di essere della medicina attuale per dare più sicurezza al medico e al cittadino.
Tesi
N° 35 La de-imputazione sociale dell’errore passa per il riconoscimento sociale della fallibilità. La medicina è un’impresa conoscitiva fallibile. Il medico, nello svolgimento della sua professione, ha la possibilità di cadere in errore ma non per questo può essere colpevolizzato e delegittimato. L’infallibilità della medicina e del medico è un ideale del tutto irrealistico. I medici tuttavia devono prodigarsi per rendere cosciente la propria comunità sociale di riferimento, della natura intrinsecamente incerta dell’opera medica alla base della fallibilità. Il fine sociale è non alimentare nella società delle aspettative non solo di guaribilità ma anche di curabilità, soprattutto laddove esse, per ragioni diverse, non sono realistiche.
N° 36 Si deve distinguere errore da insuccesso. L’insuccesso è quando quello che intenta il medico per curare il malato, non ha gli esiti auspicati. Il medico nell’esercizio della sua professione può andare incontro all’insuccesso.
N° 37 L’insuccesso è spiegabile con il margine di ignoranza di ciò che è sconosciuto e non è conoscibile con i mezzi ordinari disponibili della conoscenza medica. L’insuccesso si occasiona, malgrado il medico, e nonostante i modi professionali dell’attenzione e della prudenza. L’insuccesso non ricade sotto la fattispecie dell’imperizia, della negligenza e dell’imprudenza e non può essere considerato un errore.
N° 38 Il medico e il malato debbono imparare dai loro errori. Imparare dall’errore significa spiegare al malato e alla società il valore della fallibilità, insegnando come si conosce la complessità con le prove congetturali, e come, con le ipotesi, si pensa, si ragiona, si giudica e si decide. Lo scopo della pedagogia dell’errore è informare e formare il malato e il cittadino alla co-decisione nella complessità.
N° 39 Si tratta di aggiornare il codice deontologico che su questa tematica dell’errore è significativamente carente. Il medico ha il dovere di garantire la sicurezza del malato. Ma nello stesso tempo il medico ha diritto di fare il medico cioè ha diritto alla sua umana fallibilità. In quanto tale va tutelato.
N° 40 Tutti i comportamenti opportunistici messi in azione dal medico per fini precauzionali sono esecrabili e quindi da considerarsi immorali e diseconomici. Il problema dell’errore si affronta per quello che è, non scaricando su altri le conseguenze di inaccettabili comportamenti di deresponsabilizzazione. Ognuno si prenda le proprie responsabilità a partire dal cittadino. Il cittadino sappia che se vuole essere curato ci sono rischi da accettare.
Quesiti
N°1 “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum” dice il famoso aforisma latino ma per un malato è più facile accettare in teoria l’errore del proprio medico che in pratica. È vero il medico può sbagliare ma nel suo caso il cittadino vorrebbe che il suo medico fosse perfetto. Come si può mediare tra teoria e pratica?
N°2 Come è possibile conciliare per un medico la possibilità teorica di sbagliare con l’impossibilità di escludere la probabilità dell’errore?
N°3 Esiste o no un problema di fiducia nel senso che se questa non c’è in barba alla teoria e alla pratica alla fine vince la diffidenza ovvero un atteggiamento pregiudiziale verso qualsiasi cosa faccia un medico?
N°4 Gli atteggiamenti pregiudiziali del malato come si governano?
N°5 Pregiudizio e errore è difficile conciliarli, allora non credete che nel tentativo di conciliarli a parte la relazione tra medico e malato sia importante sensibilizzare la società con delle iniziative di informazione e di formazione organizzate ad esempio dagli Ordini?
N°6 L’errore medico oggi viene automaticamente trasformato in colpa cioè in un principio di imputazione, come è possibile superare l’automatismo dell’imputazione, riconducendo l’errore ad una epistemologia in grado non solo di giustificarlo ma di spiegarlo al meglio?
N°7 Non credete che la prima cosa da fare sia quella di dotarci di strumenti di tipo per l’appunto epistemologico, che mettano il giudice in grado di comprendere al meglio le dinamiche che malgrado l’intenzionalità del medico, conducono ad errore?
N°8 Secondo voi basta lo strumento delle linee guida previsto dalla legge 24 per mettere in condizione un giudice di comprendere le complessità in gioco che esistono dietro la problematica dell’evento inatteso?
N°9 Quali sono i problemi che la legge 24 non è riuscita a risolvere? E quali quelli che ha creato? E ancora quali quelli che ha contribuito effettivamente a risolvere?
N°10 Secondo voi lo scopo primario di una norma sulla responsabilità professionale è la riduzione del contenzioso legale e più semplicemente la riduzione degli oneri giuridici a carico del medico? La domanda vuole porre alla vostra attenzione semplicemente la correlazione che esiste tra contenzioso legale e penalizzazione del medico nel senso di chiederci tutti: è possibile risolvere i problemi dei medici senza allo stesso tempo rimuovere i fattori sociali che favoriscono il contenzioso legale, cioè senza puntare decisamente a ridurre extra legem il fenomeno?
N°11 Trovate giusto che ai fini di prevenire il fenomeno del contenzioso legale la legge 24 abbia ignorato del tutto il consenso informato come terreno di prevenzione, preferendo soluzioni tecnocratiche come il risk management di dubbia efficacia?
Ultimo aggiornamento
15 Settembre 2019, 11:07
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