ITALIANI e SPERANZE DI VITA, MA QUALI?

Data:
2 Settembre 2012


Dati INPS (La mortalità dei percettori di rendita in Italia): nel 1040 le speranze di vita dei pensionati saranno 88 anni per gli uomini e 92 per le donne, attualmente 84 per gli uomini e 88 per le donne.
Si vivrà di più….e un merito va riconosciuto senz’altro ai medici italiani e all’attuale nostro sistema sanitario, molto invidiato da tanti Paesi.

Contro questa bomba demografica sulla tenuta della Casse previdenziali un aiuto all’equilibrio del sistema viene dal “contributivo” ….ma quali saranno gli assegni di pensione e soprattutto con quale potere di acquisto?

Inoltre l’attuale -sociale- è adeguato all’impatto di questo esercito di anziani?

Con indici di sostituzione tra ultima retribuzione e primo rateo di pensione col massimo dell’anzianità contributiva ben sotto al 50%, molta enfasi è stata data ai fondi pensione, come vera panacea a futuro sostegno del reddito nell’età postlavorativa, venendo meno una adeguatezza dell’assegno di pensione obbligatoria stretta dalla morsa della sostenibilità e minata sin dall’inizio da un accesso tardivo nel mondo del lavoro, dalla molta precarietà nella vita lavorativa con grossi buchi contributivi e, infine, come detto, limata dagli indici di rendimento in un sistema previdenziale che esige altissimi contributi previdenziali: INPS e INPDAP 33%, un terzo della busta paga!

Sui Fondi pensione siamo sempre stati scettici, vedendoli come un istituto di molte promesse, ma con nessuna certezza.

Il 4 agosto, si è letto sul Corriere della sera: ….il “vecchio” Tfr batte ancora i fondi pensione…negli ultimi 5 anni la rivalutazione della liquidazione è doppia rispetto agli investimenti gestiti dagli intermediari finanziari.

In particolare, l’articolista Sergio Bocconi scrive: “Fatto 100 l’anno Duemila, i fondi negoziali (il 18% circa dei fondi del nostro Paese è rappresentato da quelli pensione, che in Italia sono ancora esclusivamente negoziali, cioè di categoria) hanno chiuso il 2011 cumulando un rendimento del 27,1% contro una rivalutazione del Tfr (esente da rischi) pari al 34,8%.

Facendo riferimento solo agli ultimi cinque anni, quelli cioè successivi alla crisi avviata nel 2007, la rivalutazione del Tfr è stata del 14,6%, pari quindi al doppio di quanto hanno reso i fondi pensione di categoria”.

Gli unici che guadagnano coi fondi pensione sono, infatti, i gestori!

Sono troppi anni che i mercati finanziari hanno una tendenza negativa….quanti anni, ammesso il risorgere dell’economia, sono necessari al recupero dei punti persi?

In campo previdenziale attenzione agli investimenti, l’errore si ripercuote nel futuro previdenziale talvolta in modo molto pesante…non si può azzardare: meglio un uovo oggi, che una gallina domani.

Insomma, attenti negli investimenti alla cosiddetta tosatura delle pecore….

Ed ecco la triste prospettiva: un esercito di anziani poveri, alcuni o forse purtroppo tanti molto poveri.

 

Ultimo aggiornamento

21 Ottobre 2014, 16:59

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