Covid, cresce la lista dei morti. I medici chiedono il conto. Che cosa prevede la legge anti infortuni

Data:
28 Marzo 2020

da Doctor33

Trentasette medici morti a ieri, diciotto di famiglia. La triste lista delle vittime del Covid-19 si allunga. E mentre un gruppo di sanitari piemontesi pubblica su change.org una serie di richieste “politiche” per la tutela del personale e la riconversione persino della produzione industriale nell’ottica della guerra al coronavirus (700 firme in pochissime ore) sui social, i medici mettono a nudo le falle della risposta italiana: “È normale che ho comprato io i dispositivi di protezione su eBay? È normale che debba usare più volte le stesse, poche, mascherine? È normale non fare tamponi ai malati sul territorio? È normale che centinaia di persone ammalate in casa convivono con altri? È normale avere 5000 operatori sanitari contagiati? È normale non sapere quali farmaci usare?” si chiede un medico di famiglia.
La segretaria del Sindacato Medici italiani Pina Onotri chiede ai colleghi di non rischiare più senza adeguata protezione, anche per il bene dei pazienti; annuncia un esposto in tutte le Procure per accertare eventuali responsabilità; e “autorizza” il premier Conte a commissariare le Regioni non in grado di assicurare condizioni minime di sicurezza.
In parlamento Giulia Boschi di Italia Viva (coalizione di maggioranza) ha sollecitato il premier ad indennizzare le famiglie di medici e infermieri deceduti nella lotta al virus equiparando questi ultimi alle vittime della mafia. Gino Arnone, avvocato adito a Torino dalla famiglia di un sanitario deceduto conferma: «bisogna applicare la normativa prevista per le vittime del dovere». Come polizia e forze armate, il personale sanitario è impegnato in attività di tutela della salute pubblica. Lo stato potrebbe esser costretto a pagare per la mancanza di DPI, l’impossibilità di sottoporre ai tamponi i medici, la loro non messa in quarantena per “non sguarnire il servizio”. Gli appelli sono sempre più pressanti; come quello degli ordini piemontesi a Conte, ministro della Salute, protezione civile, regioni: «Il personale sanitario è sprovvisto degli adeguati dispositivi di protezione. Mancano ventilatori, caschi Cpap, farmaci. Vi chiediamo di rifornirci al più presto di tutto il necessario per curare la popolazione senza rischiare la vita».
Alessandro Beux presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia ricorda come le Istituzioni non possano «disporre di non utilizzare i Dpi in quanto prive di adeguate scorte; al contrario, bisogna raccomandarne l’utilizzo appropriato per garantire la salute e la sicurezza di tutti i professionisti sanitari e (bisogna) adeguare le misure economiche alle esigenze della sanità».

Nella lettera di Carlo Palermo e Paola Rivetti, vertici ospedalieri di Anaao Assomed, a Silvio Brusaferro presidente dell’Istituto superiore di sanità, si ricorda che tutte le linee guida italiane, fino alla parziale recente marcia indietro dell’Organizzazione mondiale della sanità, hanno imposto l’uso di mascherine con filtrante nei reparti dove ci sono infettivi con patologie gravi. La norma madre è riconducibile al testo unico anti infortuni 81 del 2008. Lo stesso testo traccia un filo rosso tra il Documento di valutazione del rischio che ogni titolare di studio medico è tenuto a redigere e la gestione di un reparto ad alto rischio infezione. Il comune denominatore è il rischio biologico. Chi dispone di un gabinetto libero professionale, di fronte al Covid-19 ha dovuto decidere se chiudere o no. In linea di massima, il dpcm dell’11 marzo 2020 all’articolo 1 comma 7 raccomanda di tener lontani dai contagi i dipendenti usando smart working, uso di ferie e permessi, stop ad attività non indispensabili. E l’uso di protocolli anti-contagio. Ove non sospendesse l’attività, il titolare dovrà fornire ai dipendenti dispositivi idonei; l’aggiornamento del Dvr va fatto nella misura in cui cambia il grado di pericolosità cui è esposto il personale e chi fa le pulizie. Il dpcm 11/3/2020 prevede di tenere la distanza di un metro tra lavoratori, ma ove non fosse possibile entra in gioco il Testo Unico del 2008. Che all’articolo 273-sexies prevede l’uso di indumenti protettivi e specifici processi di controllo, pulizia, disinfezione dei Dpi e di eliminazione dei monouso; all’articolo 274 si chiede al titolare della struttura di prestare particolare attenzione alla presenza di agenti biologici nell’organismo dei presenti ed al rischio che tale presenza comporta. Non si parla di obbligo di mascherine con filtrante; ma implicitamente se si torna agli articoli 75-78 del decreto, queste diventano un “must” se è in gioco la vita; il dlgs 81 infatti impone Dpi conformi al decreto legislativo 475/92. A sua volta, quest’ultimo intende per conformi alla legislazione vigente i dispositivi dotati di marcatura Ce e divide in tre categorie i Dpi; la terza categoria salvaguarda da morte e lesioni gravi il personale e qui sono ricompresi gli apparecchi di protezione respiratori filtranti contro aerosol liquidi solidi o gas irritanti/pericolosi.

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

28 Marzo 2020, 09:21

Commenti

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Salvataggio di un cookie con i miei dati (nome, email, sito web) per il prossimo commento

Powered by Cooperativa EDP La Traccia