AMARCORD – Quando, già nel 1986, Antonio Orgera immaginava l’Ospedale Centrale del Golfo – La riflessione del Presidente dell’Ordine

Data:
20 Giugno 2020

nella foto  Così, già nel 1986, Antonio Orgera immaginava l’Ospedale Centrale del Golfo

Nel numero di dicembre del 2000 il Bollettino dell’Ordine riportò alcuni articoli che fotografavano la realtà ospedaliera dell’epoca e ne prospettavano gli sviluppi futuri.

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Tra gli altri, un articolo a pagina 19 era firmato da Carlo De Masi, attuale Consigliere dell’Ordine,e ed era intitolato “BUON GIORNO DOTTORE, COME VA L’OSPEDALE DI LATINA?” (per la verità allora l’amico De Masi era un poco più polemico di quanto lo sia oggi!)

Un secondo articolo, pagine 17 e 18,, a firma di Antonio Orgera, all’epoca Consigliere dell’Ordine, intitolato “OSPEDALE UNICO VIRTUALE O OSPEDALE UNICO REALE PER IL SUD PONTINO?”  che, già nel 1986, con la sua penna immaginava “l’Ospedale Centrale del Golfo”.

Pagine17-18

A conclusione di altri interessanti articoli sulla realtà e sul futuro degli ospedali, il nostro Responsabile del Bollettino e Segretario dell’Ordine Alfredo Caradonna, a testimonianza del fervore culturale che ha sempre contraddistinto le attività del nostro Ordine così profeticamente e ironicamente concludeva:

MA PERCHÈ NON COSTRUIAMO DUE NUOVI OSPEDALI E SE NE RIPARLA FRA  TRENT’ANNI?

Abbiamo voluto corredare l’intervento “più pacato” di Orgera e quello “più rovente” di De Masi, sintomi diversi di un medesimo disagio, con articoli importanti per la comprensione del momento attuale.
Siamo, probabilmente, all’inizio di una nuova storia ed è necessario cercare di “salire sul treno” prima che questo riparta dalla “stazione di Latina”.
Dopo alcuni anni di “azienda”, ancora si discute quale sia il ruolo dei piccoli ospedali collinari, come se non fosse abbastanza chiaro da decenni; frattanto, gli ospedali dove afferisce il grosso delle emergenze (Latina e Formia) sono in affanno; nello stesso momento il Ministero della Sanità, dove c’è una “persona seria”, fa un notevole passo avanti e ci prospetta “ospedali veri”.
Dal momento che alcune regioni, come il Friuli, la cui edilizia ospedaliera è sicuramente migliore della nostra, hanno già programmato i nuovi ospedali, perché non pensiamo anche noi a mettere su due nuovi ospedali a Latina e a Formia con il sistema “chiavi in mano”, che sembra
funzionare tanto bene?
Le attuali strutture edilizie di Formia e Latina, per quanto riadattate e rabberciate, potranno reggere la sfida di una sanità “pubblico-privata”, che sarà misurata solo con i criteri dell’efficienza e dell’umanizzazione? Attribuito un ruolo alle strutture ospedaliere, già esistenti ma nuove e progettate con criteri abbastanza moderni, di Terracina e Fondi, c’è qualcuno che ancora pensi seriamente di offrire “medicina ospedaliera” in altre strutture, oltre Formia e Latina? E poi, non c’è da organizzare i Distretti in modo che siano i primi interlocutori dei cittadini e dei loro medici curanti, ruolo che, fino ad ora, è stato assicurato, sostanzialmente, dagli ospedali? Non c’è da “costruire” la facoltà di Medicina? Non c’è …?  Ci sono tali e tante cose da fare fuori degli ospedali che le strutture esistenti saranno sicuramente insufficienti.

nella foto del 7 giugno 1959 – Il giovane Ministro Giulio Andreotti, anche in rappresentanza dell’On. Togni, Ministro dei L.L.P.P., alla cerimonia di apertura del nuovo ospedale di Latina – Al suo fianco il dr. Marcello Avvisati, presidente dell’ospedale “S.M. Goretti”

Qualcuno potrebbe dire: “Ma, i soldi?”. Sentite che cosa dichiara il nostro “ministrone”, che qualcuno accredita già fra i componenti del prossimo governo, anche di centro-destra, al Sole 24 Ore Sanità del 23-29 maggio u.s.: “Se lei fa dei conti, anche molto semplici, vedrà che il costo di costruzione di un ospedale, chiavi in mano, completo di tutte le attrezzature, equivale al costo
di gestione di quell’ospedale per un anno. E se considera che un ospedale ha una vita media di 30 anni [sic! – N.d.R.], vuol dire che la spesa impegnata è pari ad un trentesimo del costo complessivo di quell’ospedale e di tutte le gestioni per 30 anni. Ma un ospedale costruito bene e intelligentemente modernizzato, farà risparmiare un mucchio di soldi. E quel 3% impegnato all’inizio sarà largamente recuperato nei 30 anni di funzionamento della struttura”.
Considerando le caratteristiche della nostra provincia, alcuni, da vario tempo, chiedono la suddivisione dell’azienda sanitaria in due (una a nord e una a sud), mentre altri vorrebbero staccare la zona di Aprilia a favore di Roma. Visto che gli ospedali si debbono sempre più raffinare e che i distretti hanno necessità di offrire una medicina di alto livello, invece di correre dietro a queste secessioni nostrane, non sarebbe meglio creare una o due aziende ospedaliere e una unica azienda territoriale? Quest’ultima, ereditando i vecchi ospedali, si dedichi a organizzare la medicina extra-ospedaliera, avendo particolare cura per i punti di primo intervento.
Cari colleghi, signori politici e amministratori, responsabili dei collegi professionali e dei sindacati, egregio Direttore Generale e apicali dell’ASL, cosa ne pensate?
Scrivete alla nostra Redazione.
Alfredo Caradonna

Pagine24-25

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dalla rassegna stampa dell-Ordine

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16 febbraio 2008 Nuovo ospedale, il progetto preliminare pronto sorgera’ sulla Pontina e avra’ 500 posti letto

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Ultimo aggiornamento

21 Giugno 2020, 09:43

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