Parto in acqua, nuova linea guida Usa non lo raccomanda (da DoctorNews33 dell’11 novembre 2016)

Data:
11 Novembre 2016

La seconda fase del travaglio e il parto dovrebbero avvenire a terra e non in acqua, secondo quanto suggerisce l’American College of Obstetricians and Gynecologists (Acog) in una linea guida che sostituisce quella del 2014. «Non solo mancano dati per valutare rischi e benefici dell’immersione durante l’ultima fase del travaglio, ma sono stati anche riportati eventi avversi tra cui infezioni da Pseudomonas aeruginosa e Legionella pneumophila» afferma Joseph Wax, ginecologo di Portland, nel Maine, e membro del comitato che ha firmato il documento. «Anche se l’immersione in acqua è divenuta popolare negli Stati Uniti negli ultimi decenni, la sua prevalenza resta incerta anche perché il dato non viene registrato sul certificato di nascita» scrivono gli esperti Acog, sottolineando che da una revisione Cochrane del 2009 sull’immersione in acqua nelle prime fasi del travaglio non è emerso alcun beneficio per il neonato. L’acqua calda a 34-35 gradi lenisce il dolore delle contrazioni e aiuta a rilassare i muscoli del pavimento pelvico, favorendo la discesa del bambino nel canale del parto.

La vasca per il travaglio è ampia e il livello dell’acqua basso, in modo che la partoriente possa entrare e uscire agevolmente scegliendo se stare seduta, rannicchiata o semidistesa. «L’immersione in acqua durante la prima fase del travaglio si associa a un parto più breve e a un ridotto uso dell’analgesia spinale ed epidurale e può essere offerto a donne sane con gravidanza non complicata» si legge nel documento, che non dispone di dati sufficienti per trarre conclusioni definitive su benefici e rischi dell’immersione nella seconda fase del travaglio e durante il parto. «Pertanto, fino a quando tali dati non saranno disponibili, la raccomandazione dell’Acog è che le nascite si svolgano a terra e non in acqua» riprende Wax. Secondo gli esperti del Coommittee on Obstetric Practice, la gestante che chiede di partorire il figlio immersa in acqua va informata riguardo al fatto che i potenziali rischi di questa scelta non sono ancora stati studiati a sufficienza.

Inoltre, i servizi che prevedono l’immersione necessitano non solo di protocolli per la selezione delle candidate, ma anche di un’accurata manutenzione e pulizia delle vasche e delle piscine nonché di procedure di controllo delle infezioni comprese le precauzioni standard e i dispositivi di protezione individuale per il personale sanitario. Infine, è necessario lo stretto monitoraggio delle donne e dei feti immersi e la possibilità di spostare prontamente la partoriente dalla vasca a terra in caso di complicazioni urgenti materne o fetali. In sintesi, l’Acog raccomanda quanto segue: (1) l’immersione in acqua può essere offerta nella prima fase del travaglio a donne sane con gravidanza non complicata tra 37 e 42 settimane di gestazione; (2) le donne che chiedono il parto in acqua vanno informate dei dati insufficienti su benefici e rischi; (3) i centri che scelgono di offrire il travaglio in acqua hanno necessità di stabilire protocolli rigorosi che regolino tale procedura.

Acog – Committee Opinion
http://www.acog.org/Resources-And-Publications/Committee-Opinions/Committee-on-Obstetric-Practice/Immersion-in-Water-During-Labor-and-Delivery

Ultimo aggiornamento

13 Novembre 2016, 14:36

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