Musica studi, per giudici europei non si devono pagare diritti

Data:
17 Marzo 2012


16 marzo 2012

Odontoiatri e medici possono diffondere musica nei loro studi senza pagare alcun diritto d’autore perché ad ascoltare in sala d’attesa non c’è alcun «pubblico».

L’indicazione arriva dalla Corte di giustizia europea e dovrebbe mettere la parola fine a una diatriba che si trascina da circa due anni.
Il via era stato dato dalla Corte d’appello di Torino, che si era rivolta ai giudici europei in seguito a una causa avviata dalla Scf (Società consortile fonografici).
Secondo il tribunale comunitario, in sostanza, per misurare l’applicabilità della direttiva 2006/115/CE sul diritto di noleggio e di autore in materia di proprietà intellettuale è necessario fare riferimento al concetto di «comunicazione al pubblico», da valutare di caso in caso in base alla specifica situazione.
Per «pubblico», in particolare, si deve intendere una platea indeterminata di destinatari potenziali «in numero piuttosto considerevole».
I clienti di uno studio medico od odontoiatrico, invece, sono troppo pochi per costituire un vero pubblico e nel loro ascolto non si riscontra un «carattere lucrativo» da parte del professionista.
Anche a proposito di quest’ultimo concetto la corte europea ha fornito qualche orientamento: l’obiettivo del lucro è un elemento rilevante della comunicazione al pubblico, per cui «risulta sottinteso che il pubblico oggetto della comunicazione non viene intercettato casualmente» come invece avviene nello studio medico.
Qui, infatti, i clienti «si recano unicamente allo scopo di essere curati, giacché una diffusione di fonogrammi non è minimamente collegata alla prassi delle cure dentistiche.
È in modo fortuito e indipendentemente dalla loro volontà che detti clienti godono dell’accesso a taluni fonogrammi, in funzione del momento in cui arrivano allo studio, della durata della loro attesa e del tipo di trattamento ricevuto.
In siffatto contesto non si può presumere che la normale clientela di un dentista sia ricettiva rispetto alla diffusione di cui trattasi».

Ultimo aggiornamento

17 Marzo 2012, 06:34

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