IL DIRITTO ALLA VITA E IL NO DEL PAZIENTE ALLE CURE
Data:
19 Dicembre 2007
Dall’attuale dottrina della nostra giurisprudenza si evince, poiché la vita è un bene supremo e proprio perché il diritto alla vita è irrinunciabile ed indisponibile, che non può essere configurata l’esistenza di un "diritto a morire".
Al contrario poiché il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma anche di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale, esiste un "diritto a lasciarsi morire".
Infatti il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento attivo che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un atteggiamento di scelta (personale, autentica, informata, reale e attuale), da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale.
Ultimo aggiornamento
11 Giugno 2019, 23:25
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