Come é cambiata la professione medica. I dottori «assediati» da burocrazia, informatica ed eccesso di lavoro (da Corriere della Sera/SALUTE del 16 ottobre 2017)

Data:
1 Novembre 2017

Una ricerca a livello mondiale ha sondato aspettative e timori dei professionisti messi a dura prova anche dal ruolo dell’informazione online e dal «business» della salute

Sull’orlo della crisi, i medici non ci sono più da un bel pezzo. Ormai ci sono dentro in pieno. Stretti nella morsa della burocrazia e alle prese con sistemi sanitari alla perenne ricerca della sostenibilità economica, i camici bianchi assistono impotenti alla costante emorragia di colleghi – che non vengono sostituiti -, mentre i carichi di lavoro aumentano, gli stipendi restano fermi, le altre professioni stringono d’assedio e i pazienti sono sul piede di guerra come dimostra il lievitare del contenzioso legale e a volte purtroppo anche delle aggressioni fisiche.

L’indagine su duemila medici d 16 Paesi

Il risultato di tali pressioni è un sentimento di “frustrazione”, una delle due prime parole con cui i medici descrivono oggi la loro professione. Almeno, così risulta dall’indagine “Truth about doctors” condotta a livello mondiale dal gruppo McCann (attraverso i suoi rami Truth Central e Health), dove quasi duemila medici di 16 Paesi raccontano la loro verità sul rapporto con la professione alla luce degli enormi cambiamenti sociali e tecnologici occorsi negli ultimi decenni. «La pratica della medicina oggi non è quello che i medici si erano prefigurati al momento di intraprendere la professione — spiegano Giovanni Serafini e Chiara Salussolia di McCann Health, curatori della versione italiana della ricerca — . Oggi le aspettative iniziali si rivelano non più corrispondenti alle realtà di un ecosistema sanitario caratterizzato da numeri enormi, e in continua crescita, da un regime di costi rigido e controllato e da una prepotente avanzata della tecnologia».

Dall’empatia con i pazienti al «distacco»

Un risveglio brusco: dall’Olimpo degli “Dei in camice bianco”, secondo la ricerca McCann i medici sono stati precipitati da una buona parte della collettività nel buio sottoscala degli “uomini che prescrivono”. E così se all’inizio della carriera l’empatia rivestiva per loro un ruolo importante, con il passare degli anni è subentrato invece il distacco. Si tratterebbe di uno dei costi personali – il più pesante – pagati dai professionisti come conseguenza del “terremoto” che investe la sanità. Ma non l’unico.

Le conseguenze dello stress

I medici intervistati dicono di perderci anche il sonno (l’Italia è leggermente al di sotto della media globale della rilevazione, si veda il grafico) e di andare spesso incontro a crisi coniugali (in Italia più che nella media degli altri Paesi). Per tacere di alcuni studi scientifici che hanno stimato le percentuali di disturbi psichiatrici degli emato-oncologi in Italia (più alte rispetto alla media nazionale) e i tassi di suicidio dei medici nel mondo (anche questi superiori alla media generale). Senza volerli eleggere a martiri, la ricerca prova a chiarire perché i medici stiano attraversando un momento storico tanto critico.

Dall’assistenza al malato al business sanità

Sono gli stessi camici bianchi a identificare le cause in tre “tensioni” specifiche che si manifestano a livello globale. La prima riguarda la contrapposizione tra il fine ”di assistenza alla persona” e quello “commerciale” della professione. Molti medici intervistati hanno specificamente dichiarato di considerare la medicina un’”attività dedita all’assistenza e alla cura” dove il bene del paziente viene in primo luogo. Ora, tuttavia, si assiste a un passaggio ad una medicina intesa come attività di “business dedito all’assistenza”, in un ottica prevalente di efficienza economica. Se poi – come risulta anche da un recente sondaggio del sindacato medico CIMO – l’80 per cento dei dottori si sente vincolato agli aspetti burocratici della professione in ogni atto quotidiano, anche il tempo dedicato alla visita del paziente diventa più una transazione (intesa in senso di atto amministrativo) che un’interazione generando così frizioni con i pazienti stessi.

Competizione o alleanza con le «macchine»?

La seconda tensione emersa dall’indagine può essere riassunta nel rapporto tra uomo e macchina: contrapposizione o complementarietà? Watson, il supercomputer di IBM, è stato capace di diagnosticare una rara forma di leucemia in soli dieci minuti. Una performance che ha lasciato di stucco gli specialisti più qualificati. Le tecnologie cognitive potrebbero allora portare i medici all’estinzione? Sembra un paradosso ma, in base alla survey, questo dubbio tormenta principalmente i giovani medici. «A nostro avviso però non si tratta di una minaccia — chiosa Alessio Carli di McCann Health —. Le macchine possono restituire tempo prezioso ai medici per dedicarsi alla relazione di cura con i malati, al recupero dell’empatia e a migliorare le relazioni con l’intero ecosistema».

L’informazione sul web

E arriviamo al terzo elemento di tensione individuato dalla ricerca tra le cause del lungo “inverno dello scontento” vissuto dai medici; il passaggio dalla concezione “tolemaica” del sistema sanitario, con il medico al centro, a quella “copernicana” attuale che vede invece il paziente come perno attorno a cui tutto ruota. Un nuovo ordine caratterizzato da un ulteriore fattore destabilizzante: una quantità di pazienti si affida ai social media più che ai medici. L’informazione digitale è perciò diventata uno degli attori del sistema con cui bisogna ormai fare i conti.

Ultimo aggiornamento

1 Novembre 2017, 09:31

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