Alzheimer: nei cannabinoidi individuata una possibile terapia

Data:
29 Agosto 2014

www.h24notizie.it Nel nostro Paese la questione sulla legalizzazione della cannabis divide l’opinione pubblica e le istituzioni, e il recente appello del prof. Umberto Veronesi contro il proibizionismo ha riacceso in questi giorni il dibattito sulle droghe leggere.

Intanto la ricerca scientifica che si occupa di analizzare gli effetti di CBD e THC (i principali componenti attivi della marijuana) è in continuo divenire. Gli ultimi risultati di un’importante scoperta sono stati pubblicati in questi giorni dalla rivista scientifica Neuron: i ricercatori della Stanford University, coordinati dal dottor Daniel Madison, hanno dimostrato come i cannabinoidi interferiscano con il morbo di Alzheimer, portando a un miglioramento della memoria e contrastando la progressione della malattia. La scoperta è stata possibile attraverso l’osservazione delle placche beta-amiloidi, alcune particolari proteine presenti nel cervello che erano già state precedentemente identificate come marker principale dell’Alzheimer: i ricercatori hanno osservato che queste specifiche componenti impediscono al sistema endocannabinoide, che ha un ruolo fondamentale per la memoria e l’apprendimento, di svolgere la sua normale attività nell’organismo. Questo significa che i cannabinoidi estratti dalla cannabis potrebbero avere una funzione importante nel trattamento dell’Alzheimer, per impedire che la malattia si sviluppi e per alleviarne quindi i sintomi.

La marijuana utilizzata nel campo della medicina ha già dimostrato innumerevoli benefici come terapia di molte patologie, tra cui quelle neurodegenerative, o come cura palliativa. La ricerca sugli effetti dei cannabinoidi nell’Alzheimer in realtà non è nuova: già nel 2013 un altro studio pubblicato sulla rivista scientifica Psychopharmacology aveva già dato il suo contributo nel proporre il CBD come terapia al morbo.

Secondo l’ultimo Report UVA del Lazio, in regione si contano circa 28.000 casi di Alzheimer, la patologia più frequente (50-60% dei casi) tra tutte le forme di demenza. La Regione Lazio ha appena approvato e finanziato il progetto presentato dall’Ambito Territoriale di Latina per promuovere percorsi di formazione per assistenti familiari e supporto alla domiciliarità, al fine di garantire un miglior tenore di vita a tutti i pazienti, dal momento che il morbo di Alzheimer comporta soprattutto conseguenze sociali per le famiglie.

Nonostante questa sia una delle patologie più comuni di demenza senile (in Italia si contano circa 500.000 malati), non si conoscono ancora le cause che ne determinano l’insorgere e la ricerca non ha ancora sviluppato una terapia che curi o prevenga la patologia. I farmaci ad oggi disponibili puntano soltano a contenerne i sintomi, ma la scienza è attivamente impegnata nella messa a punto di nuovi medicinali e nell’osservazione di nuovi principi attivi, come potrebbero essere i cannabinoidi, per prevenire e rallentare il morbo, fin dai primi lievi sintomi.

Ultimo aggiornamento

29 Agosto 2014, 07:37

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