Verso una Medicina frugale: razionare o evitare gli sprechi?

Data:
12 Luglio 2012


La bioetica ha da molto tempo affrontato il tema del contenimento dei costi sanitari e delle modalità di allocazione delle scarse risorse disponibili, sottolineando l’importanza di mantenere una sorta di giustizia distributiva. Ma ora il dibattito si sta spostando da un modello di mero razionamento dei costi verso un concetto etico centrato sull’evitare gli sprechi. Questo cambiamento di approccio ha importanti conseguenze ed implicazioni sulle politiche sanitarie e sulla organizzazione dei servizi.

L’etica del razionamento si basa fondamentalmente su 2 considerazioni
  • il ricorso al razionamento interviene in quanto le risorse disponibili sono per così dire finite e qualcuno deve pur decidere chi fa che cosa
  • il razionamento diventa in questo contesto inevitabile e, se non vengono esplicitate le modalità, il rischio è che si adottino misure ingiuste.
Sotto il profilo etico la principale obiezione rivolta al razionamento delle risorse consiste nel fatto che il medico ha un obbligo morale assoluto nei confronti del singolo paziente indipendentemente dai costi; tuttavia quando le risorse vengono ad esaurirsi alcuni pazienti (persone reali e non numeri statistici) possono essere privati delle cure necessarie. L’etica del razionamento deve porsi il quesito relativo sui criteri più giusti per allocare le scarse risorse disponibili facendo riferimento – se possibile – ad indicatori obiettivi quali ad esempio gli anni di vita, aggiustati per qualità di vita, o ricorrendo a scelte condivise democraticamente a livello di comunità. Ma l’etica di un razionamento giusto deve confrontarsi con l’argomentazione – peraltro solida – secondo cui il problema dei costi in sanità sarebbe risolto, o quanto meno drasticamente ridotto, se si eliminassero gli sprechi, le truffe e gli abusi (i quali si stima che possano incidere per almeno il 10% dei costi sanitari totali); va comunque considerato che eliminare gli sprechi non permette di per sé di affrontare la causa principale dell’incremento della spesa sanitaria che va attribuito da un lato alle continue innovazioni tecnologiche, dall’altro al progressivo invecchiamento della popolazione e dei crescenti bisogni sanitari. Recenti dati che provengono dalla realtà degli U.S. stanno ad indicare che l’entità degli sprechi in sanità (per interventi diagnostici e/o terapeutici da cui i pazienti non traggono reali benefici) raggiungerebbe il 30% del budget complessivo. Il dibattito si sposta pertanto su come evitare di erogare prestazioni sanitarie futili, anche se espressamente richieste dai pazienti o dai loro familiari. Per il medico si tratta cioè di fare riferimento ad un’etica professionale, agendo non in base ad abitudini inveterate o sostenute da deboli evidenze o peggio ancora collegate ad interessi economici personali. In questo modo si può sperare che nessun paziente venga ad essere privato di interventi utili, anche se costosi, evitando inoltre potenziali rischi, danni e complicanze connesse ad azioni mediche inutili. Come implementare un modello basato su scelte mediche sagge? Il confine tra interventi appropriati ed interventi futili è molto sfumato, specie quando si ragiona in termini di popolazione generale, ma è più definito quando ci si riferisce ad un singolo paziente. È pertanto consigliabile adottare una strategia a step multipli, iniziando ad eliminare tutte le procedure per cui vi è una chiara evidenza di mancanza di benefici; in tempi successivi le tecniche di ‘comparative-effectiveness research’ permetteranno di migliorare le scelte operative. In questo modo l’etica del razionamento e l’etica di evitare gli sprechi diventeranno complementari e non in conflitto tra loro. Il ruolo del medico in questo delicato dibattito rimane di fondamentale importanza per continuare ad erogare ai pazienti cure sostenibili nel prossimo futuro.

Brody H. From an ethics of rationing to an ethics of waste avoidance. N Engl J Med 2012; 366: 1949
Bloche MG. Beyond the "R word"? Medicine’s new frugality. N Engl J Med 2012; 366: 1951

Ultimo aggiornamento

12 Luglio 2012, 06:17

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