Suicida falso medico del 118 era studentessa fuori corso

Data:
19 Dicembre 2007

LA SPEZIA – Appariva sorridente, disponibile, ma nascondeva segreto: quando si è scoperto che pur avendo lavorato in qualità di medico, per alcuni mesi, in prima linea col 118 della Spezia, non aveva mai conseguito la laurea, Roberta, 39 anni, toscana di origini, ha preferito togliersi la vita e cancellare così la sua vergogna.
Si è gettata dal balcone della sua abitazione, dal quinto piano di un palazzo anonimo, nel quartiere di Ressora, nel Comune di Arcola, nella valle del Magra.
I condomini hanno sentito il tonfo della caduta e un vero medico del 118 ha tentato di salvarla.
La donna è stata portata d’urgenza all’ospedale della Spezia dove però è morta a causa delle profonde lesioni interne riportate nell’impatto.
E’ finita così la storia di una bugia.
Roberta era una studentessa fuori corso in medicina.
Quando ha visto pubblicato su un quotidiano l’annuncio della ricerca di personale della Asl 5, ha risposto.
Forse non sperava nemmeno di essere chiamata.
Invece è stata assunta a tempo determinato, in forza al 118.
Al momento del colloquio ha firmato un’autocertificazione: una prassi resa possibile – dicono ora all’Asl – dalla famosa legge Bassanini.
I ragazzi del “118” se la sono vista arrivare direttamente dall’ufficio del personale.
“Era una come tante, molto disponibile – raccontano ora i suoi ex colleghi di lavoro – aveva detto di essersi laureata quindici anni prima, e di non aver mai esercitato.
Aveva raccontato di avere una buona base, ma poca esperienza diretta.
Nessuno di noi si è posto il problema di fare indagini, che francamente non ci competono”.
Roberta ha cominciato così a viaggiare a bordo dell’automedica, accanto all’infermiere professionista di turno.
Si è occupata di tutto: persone in fin di vita, una donna che come lei aveva tentato il suicidio buttandosi da un palazzo, perfino i naufraghi georgiani recuperati con l’elisoccorso dopo il naufragio del cargo mercantile “Margaret”.
Intanto, però, un mese dopo l’altro, quel contratto si avviava a conclusione.
Il 31 dicembre scorso si era concluso e l’ufficio personale le aveva chiesto la documentazione di legge necessaria per saldarle il conto.
Volevano pagarla, ma lei nicchiava, rimandava, perché proprio non sapeva come fare ad esibire il certificato di una laurea che non aveva mai conseguito.
Poi la scoperta della Asl 5 e la denuncia alla procura per abuso della professione medica, con tanto di articoli di cronaca sui quotidiani locali.
La pressione psicologica per Roberta, che non aveva condiviso quel suo segreto neppure col marito, deve essersi fatta insostenibile e il suo sogno di diventare medico, diventato incubo e vergogna, si è infranto stamani sull’asfalto del cortile di casa.

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La Repubblica – 18 aprile 2006

Ultimo aggiornamento

19 Dicembre 2007, 11:18

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