Su reparti infermieristici round sfavorevole ai medici, Cimo: rischi per i malati (da DoctorNews33 del 5 marzo 2015)

Data:
5 Marzo 2015

«Le unità di degenza infermieristica non sono un fronte dove si scontrano i poteri di medici e infermieri, ma strutture senza capo né coda. Prima di istituirle si sarebbero dovute riorganizzare le competenze reciproche. Non è vero che il Tar Lazio ha bocciato il nostro ricorso contro le UDI: ha solo negato la sospensiva ritenendo di doversi pronunciare una volta per tutte su una materia delicata». Giuseppe Lavra presidente del sindacato Cimo Lazio chiarisce la posizione rispetto al ricorso al Tar replicando indirettamente a Maria Teresa Petrangolini, attuale consigliere Pd regionale ed ex leader di Cittadinanzattiva. Quest’ultima si dichiara soddisfatta sia della riforma laziale dell’assistenza, atta a valorizzare le differenti professioni sanitarie a vantaggio degli utenti, sia della decisione Tar che ne confermerebbe la giustezza. La delibera impugnata da Cimo, del 20 novembre 2014, istituisce UDI – già partite negli ospedali romani Pertini, Umberto I ed altre realtà laziali – per trattare pazienti disabili anche temporanei e non bisognosi di assistenza medica continuativa, degenti dimessi dall’ospedale per acuti ma da stabilizzare e soggetti non assistibili a domicilio per le particolari condizioni sociosanitarie. «Noi abbiamo contestato queste definizioni, se un paziente è dimesso non deve stare in ospedale, se non lo è ha bisogno delle competenze del clinico. Qui invece il paziente è sub iudice di una gestione doppia ma “zoppa”: viene ammesso in UDI non su indicazione diagnostica del medico ma da un atto condiviso tra medico, che ne resta responsabile, e responsabile infermieristico; è dimesso sempre di concerto tra medico ed infermiere; nei giorni di ricovero, che nel caso tipo non possono superare i quattro, se si sente male è l’infermiere in tutta autonomia a decidere di chiamare il medico. Si verificano due casi: nel primo il medico condivide con l’infermiere un atto di cui è responsabile lui, nel secondo l’infermiere si carica una responsabilità su un contesto per la cui gestione non ha formazione clinica; in altre parole, o chi fa le delibere considera la fase assistenziale dell’infermiere scorporata da quella clinica del medico, e il malato è “spacchettato” come si dice oggi, o non lo è, e allora a monte delle UDI si dovrebbe esaminare quali competenze non sono più dell’infermiere e quali lo sono diventate, senza creare “minestroni”
come purtroppo fa anche il comma 566 della legge di stabilità relegando il medico alle sole competenze su impalpabili “atti complessi”». Cimo Lazio conferma lo sciopero il 13 marzo con gli specialisti di Fassid, per protestare contro gli atti della giunta Zingaretti che smantellerebbero la sanità laziale, ma lascia aperto uno spiraglio. «Ci sono pronti soccorso e reparti strategici senza personale, atti aziendali che smantellano ospedali pubblici come il Sant’Eugenio, destinato in pratica solo a PS, case della salute nate per sgravare l’ospedale effettuando diagnostica strumentale ma di cui non vediamo il beneficio, c’è un privato preponderante e il deficit è ripartito. Noi abbiamo presentato proposte dettagliate ma la giunta non ci ha ricevuti; se ci convocasse sarebbe un segnale determinante, e potremmo pensare di non creare disagi ai cittadini».

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

5 Marzo 2015, 19:09

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