Sanzioni a neo-specialisti che lasciano prima di tre anni. Il provvedimento fa discutere (da Doctor33 del 20 novembre 2019)

Data:
20 Novembre 2019

Niente libera circolazione per gli specialisti formati con contratti veneti. Un emendamento alla finanziaria regionale sanziona i medici che si specializzino in regione e poi non lavorino almeno 3 anni in una struttura pubblica locale. Il ricavato delle sanzioni potrà essere investito in nuove borse, dice l’assessore Manuela Lanzarin trovando il favore delle opposizioni. E del resto, come sottolineano i numeri diffusi dal sindacato Anaao Assomed con il leader regionale Adriano Benazzato, sommando agli 808 gli specializzandi al IV e V anno di Padova e Verona i 518 specialisti appena formati si arriva 1326 unità, cifra capace di rimpiazzare i 1300 medici mancanti evitando alle strutture di imbarcarsi in contratti a non specialisti a tempo determinato. Per il nuovo presidente di Federspecializzandi Mirko Claus, specializzando a Padova, è nelle potestà delle regioni introdurre clausole vincolanti nelle borse aggiuntive (che le giunte, insieme ad altri enti di ricerca, sono titolate ad erogare). «Il Veneto aveva già una norma secondo cui i percettori di borse dovevano rimanere almeno due anni in regione. Ora il tempo di permanenza richiesto si prolunga a tre anni». L’obiettivo è scoraggiare “ritorni a casa” di colleghi provenienti da altre regioni e mantenere gli organici. «Ci lascia perplessi intanto il principio: se ogni regione introduce la penalizzazione per chi lascia, sia per tornare a casa, sia per lavorare all’estero, e ci si trova vincolati ad esercitare in un contesto poco stimolante nel piccolo ospedale a bassa casistica si scoraggia la crescita professionale anziché incentivarla. Inoltre – spiega Claus – ci lascia perplessi la sanzione, pari al 15% della borsa per ogni anno dei tre previsti non svolto nel servizio pubblico e che può arrivare al 50% della borsa se si lascia il corso mentre ci si sta specializzando: in particolare quest’ultimo punto secondo noi è in chiaro contrasto con la normativa nazionale che prevede, in caso di interruzione anticipata degli studi, il diritto di percepire la retribuzione maturata fino a quel momento. Davvero una regione come il Veneto per mantenere gli specialisti sul territorio vuole multare chi lascia anziché incentivare i migliori a rimanere?» Precedenti ce ne sono, in passato la Provincia autonoma di Bolzano aveva deliberato che i medici che avessero svolto la formazione post laurea finanziata dal Sud Tirolo avrebbero dovuto prestare minimo 2 anni di servizio in provincia per ricambiare la borsa fruita negli anni di formazione. Pure i Mmg altoatesini completata la formazione sono obbligati a svolgere per due anni l’attività in Provincia. «Pur contrari a qualsiasi vincolo che limiti la mobilità, ricordiamo che tra Veneto e province autonome c’è una differenza: a Trento e Bolzano non ci sono sedi universitarie di medicina ed esiste una specifica previsione di legge; le due Province pagano le borse di formazione che i medici futuri dipendenti useranno per specializzarsi in altre sedi universitarie, anche fuori Italia. In altre parole, la richiesta al medico è di restituire qualcosa alla Provincia che gli ha dato l’opportunità di crescere. Nelle regioni sedi di formazione universitaria al contrario il rischio è di disarticolare il modello formativo: mentre si cerca di uniformare l’Italia all’Europa, ogni regione crea i suoi blocchi all’uscita degli specialisti». Claus, che per un anno guiderà Federspecializzandi al posto di Stefano Guicciardi, si sofferma poi sul fronte “caldo” delle borse da prevedere per il 2020 in tutte le scuole di specialità italiane; il deputato M5S Manuel Tuzi lancia l’allarme, ne servono almeno 4 mila «e forse sono poche, al momento in Finanziaria non c’è un euro». Inoltre «serve il nullaosta nelle scuole che non hanno raggiunto gli standard di selezione ma continuano a negare il trasferimento in altra sede idonea ai loro specializzandi che lo chiedano», ha aggiunto Tuzi chiedendo un intervento urgente del ministro dell’Istruzione – il collega di movimento Lorenzo Fioramonti – nonché un appoggio da Fnomceo. Claus ha una visione in parte diversa. «Per le iscrizioni al 1° anno di specialità 2019-20 sono state previste 8 mila borse a livello nazionale e circa mille sono state finanziate da Regioni ed altri enti, rispetto a una capienza complessiva di 11 mila posti negli atenei. Per risolvere il problema dell’imbuto formativo garantendo nel contempo la qualità della formazione, una boccata di ossigeno potrebbe arrivare già con la “saturazione” della rete formativa, dal finanziamento di ulteriori 2 mila posti. Per quanto riguarda i nulla osta negati dalle sedi bocciate dall’Osservatorio, quest’ultimo è scaduto e le nuove cariche sono alla firma del ministro Fioramonti. Corretta l’osservazione del parlamentare: cosa si aspetta a ricostruire questo importante interlocutore degli atenei e del MiUr?»

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

20 Novembre 2019, 08:07

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