Prevenire il tumore al seno: screening o diagnosi precoce?

Data:
12 Ottobre 2013

“La probabilità di guarigione del tumore del seno è proporzionale alla tempestività della diagnosi, cioè prima si scopre, meglio si cura e si guarisce […] l’opportunità che abbiamo oggi per la salute della donne è straordinaria: se riuscissimo ad aumentare questa percentuale fino alla quasi totalità dei casi, con la partecipazione in massa delle donne, è ragionevole ipotizzare che anche la guaribilità si avvicinerebbe alla quasi totalità dei casi”. Umberto Veronesi, Huffington Post, 1 ottobre 2013

“Il consiglio che mi sento di dare alle donne è quello di sottoporsi, a partire dai 35, ad una ecografia una volta l’anno ed a partire dai 40 anni anche a mammografia annuale. Essere consapevoli di ciò sta permettendo ad un sempre maggior numero di donne di garantirsi una più alta percentuale di cura e guarigione e una migliore qualità di vita”. Paolo Veronesi, Huffington Post, 8 ottobre 2013

Il video della coloratissima e ubiquitaria campagna Pink is Good, con lo slogan “Prevenzione è anche diagnosi precoce” raccomanda – senza evidenze a supporto – test di screening di efficacia non documentata (autopalpazione, ecografia) e mammografie a intervalli più ravvicinati, ampliando verso il basso le fasce di età a rischio, senza definirne i limiti superiori:
A 25-40 anni: autopalpazione del seno, una volta al mese dopo il ciclo visita senologica ed ecografia mammaria
Dopo i 40 anni: autopalpazione del seno, una volta al mese dopo il ciclo mammografia, visita senologica ed ecografia mammaria ogni 1-2 anni
Dopo i 50 anni: autopalpazione del seno, una volta al mese dopo il ciclo mammografia, visita senologica ed ecografia mammaria ogni anno.
La diagnosi precoce delle malattie, in particolare delle neoplasie, è un concetto molto accattivante: infatti, tutti siamo portati istintivamente a credere che l’identificazione precoce di una lesione tumorale e la tempestività del trattamento si traducano sempre e comunque in una riduzione della morbilità e della mortalità.
Di conseguenza, i test diagnostici vengono sempre accolti con grande entusiasmo da professionisti sanitari e cittadini, anche quando la ricerca non ha ancora accertato il loro profilo rischi-benefici.
Peraltro, la presunta efficacia della diagnosi precoce è ulteriormente rafforzata da percezioni fuorvianti: infatti, un test che anticipa il momento della diagnosi, senza modificare in alcun modo la data o la causa della morte, apparirà efficace agli occhi delle donne pur essendo in realtà del tutto inutile.
Questa distorsione percettiva viene alimentata dallo slogan “la diagnosi precoce aumenta la sopravvivenza”, purtroppo… senza ridurre la mortalità!
Indipendentemente dalla loro efficacia nel ridurre la mortalità tumore-specifica, tutti i test utilizzati per gli screening oncologici e la diagnosi precoce presentano un rischio ancora oggi sottovalutato, ma in crescita esponenziale: l’overdiagnosis, ossia l’identificazione di lesioni non evolutive che soddisfano i criteri diagnostici di forme cancerose e pre-cancerose, ma che non porteranno mai a patologie sintomatiche, né saranno causa di mortalità precoce.
In ambito oncologico, l’overdiagnosis consegue fondamentalmente a due fattori:
i “serbatoi” di lesioni occulte non evolutive e la sensibilità sempre crescente dei test diagnostici che ne permettono la precoce identificazione nell’ambito sia dei programmi di screening, sia delle “campagne” di diagnosi precoce, oppure in maniera assolutamente casuale (i cosiddetti “incidentalomi”).
Etichettare queste lesioni non evolutive con termini quali “cancro” o “carcinoma in situ” è un potente driver che influenza negativamente pensiero e azioni, perché genera paura.
Si tende a infondere un senso di grande vulnerabilità nei confronti del cancro per poi offrire speranze, non sempre realistiche e spesso illusorie: grazie al supporto di un linguaggio persuasivo e degli slogan del marketing sociale, le strategie di diagnosi precoce dei tumori di efficacia non documentata, sono ormai divenute impropriamente un messaggio chiave della prevenzione.
Considerato che la parola “cancro” mantiene sempre la sua carica di paura individui sani vengono improvvisamente trasformati in pazienti oncologici che accettano senza esitazione qualunque intervento terapeutico proposto, anche se i benefici sono incerti e gli effetti collaterali, anche gravi, inevitabili.
Ovviamente l’overdiagnosis – richiedendo ulteriori test diagnostici invasivi e terapie non scevre da effetti collaterali (overtreatment) – fa lievitare sia i costi del sistema sanitario, sia i rischi per i pazienti: dagli effetti tossici della chemioterapia e della radioterapia, alla sepsi conseguente a biopsia, alle complicanze post-operatorie sino alla mortalità e, in casi estremi, addirittura il suicidio.
Se le campagne di sensibilizzazione delle donne, come Ottobre Rosa, sono fondamentali per favorire l’aderenza allo screening mammografico, è altrettanto indispensabile mettere un freno alla percezione professionale e sociale che la diagnosi precoce di tumore al seno – utilizzando a tutte le età ogni possibile test diagnostico – è una strategia di prevenzione efficace e a rischio zero.
A tirare il freno dovrebbero essere innanzitutto opinion leader e Maestri: altrimenti l’attraente slogan Pink is Good, rischia di provocare un effetto boomerang per la salute fisica e psichica delle donne italiane, oltre che per la sostenibilità della sanità pubblica.


Ultimo aggiornamento

12 Ottobre 2013, 10:33

Commenti

Nessun commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Salvataggio di un cookie con i miei dati (nome, email, sito web) per il prossimo commento

Powered by Cooperativa EDP La Traccia