Partite Iva: ancora poche ore per il vecchio regime, ma il nuovo non giova ai medici (da DoctorNews33 del 29 gennaio 2015)

Data:
29 Gennaio 2015

Scade entro poche ore la possibilità per i titolari di partita Iva, anche per i giovani medici e dentisti, di aderire al vecchio regime dei minimi (2012), più favorevole dell’attuale promosso con la legge di stabilità 2015. il testo unico delle imposte sui redditi dpr 633/72 (articolo 35 comma 1) prevede che l’inizio attività si possa comunicare all’Agenzia delle Entrate di pertinenza entro 30 giorni dall’entrata in vigore delle nuove norme, decorrenti dal 31 dicembre 2014. Ma per fruire dell’aliquota agevolata al 5% non bisogna avere più di 35 anni e bisogna far decorrere la partita Iva dal 31 dicembre 2014.

Minimi e mmg – Il regime dei minimi “uscente”, che dura 5 anni ma può essere prolungato se il professionista a fine lustro non ha ancora compiuto i 35 anni, riguarda i giovani medici neolaureati, più trentenni che alle soglie dei 40 anni. «E’ utilizzato all’inizio della professione, prima e durante il corso di formazione in medicina generale, e vi rientrano i compensi delle sostituzioni in assistenza primaria, in continuità assistenziale e le ore coperte nelle Residenze socio assistenziali», spiega Federico Renzulli responsabile CA nella commissione fisco Fimmg. Che ricorda come «i redditi di lavoro autonomo non fanno cumulo con quelli da dipendenza ai quali sono equiparati la borsa di studio di tirocinante in medicina generale e il contratto di formazione specialistica. Ma per non uscire dai minimi non bisogna superare i 30 mila euro di reddito annuo. In genere il reddito percepito nei primi anni dopo l’abilitazione oscilla appunto tra i 15 e i 30 mila euro, anche in proporzione alle chance di sostituzione che si presentano».

I tre regimi – «Oltre ad offrire una preziosa integrazione della borsa di appena 11 mila euro annui, il regime minimi non presenta gli aggravi burocratici del regime Iva ordinario, ad esempio non si deve applicare l’Iva al 22%», continua Renzulli che entrò nella professione con il primo regime dei minimi, del 2008 (legge 244/07) concluso nel 2013. Con quel regime, il professionista versava un’imposta sostitutiva dell’Irpef del 20% su un massimo di 30 mila euro superato il quale l’anno dopo era tassato in modo ordinario; per fruire del benefit non doveva avere acquistato beni strumentali oltre euro 15 mila (soglia ridotta a metà se il bene è ad uso anche personale, “promiscuo”). Il secondo regime del 2012 è quello vigente e riguarda gli under 35 (o chi viene da licenziamento/stato di crisi), non si applica l’Iva sulle fatture e l’aliquota scende al 5%, il tetto è di
30 mila euro, calcolati per cassa, cioè sui bonifici incassati nel tale anno e non sulla base di quanto dicono le fatture numerate di quell’anno. Come nel regime precedente, se si superano i 45 mila euro si perde il regime favorevole e si entra nella tassazione ordinaria, e l’Iva si paga retroattivamente da inizio anno. Il nuovo regime è valido per tutti e non solo per i giovani, ma dimezza il tetto di reddito utile per i professionisti. «Per fruirne -ricorda Renzulli – si devono introitare massimo 15 mila euro e l’aliquota sale al 15%. A sembrare penalizzante è più che altro il tetto fissato nella nuova legge di stabilità: basso, specie per la professione medica, che ha alti costi di avviamento».

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

29 Gennaio 2015, 11:26

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