Ma per lavorare nel Servizio Sanitario Nazionale per i medici sarà sufficiente, come in passato, essere abilitati alla professione e iscritti all’Ordine?
Data:
13 Luglio 2019
Causa l’attuale carenza di medici specialisti che abbiano desiderio di lavorare negli ospedali e anche in qualche caso nelle strutture del “territorio”, le iniziative per far fronte a questa situazione, vissuta sempre più drammaticamente, si susseguono freneticamente e ne segnaliamo le più recenti:
*medici militari
*medici in quiescenza
*medici ultimo anno specializzazione
*medici di origine straniera
*medici non ancora diplomati al corso di formazione di medicina generale
*aumento numero corsi di specializzazione
*aumento numero corsi di formazione di medicina generale
*aumento delle ore di straordinario dei medici in servizio oltre i limiti previsti dalla normativa
*utilizzo di medici della continuità assistenziale nei presidi ospedalieri di emergenza – urgenza
*ecc.
Sono tutte soluzioni a volte non percorribili, a volte illegittime, a volte parzialmente utili.
La via maestra per una soluzione soddisfacente e definitiva sembra farsi strada con la proposta di tornare ad assumere nel SSN i medici con la sola abilitazione all’esercizio professionale poiché viene sostenuto che l’abilitazione rende idonei a svolgere qualsiasi tipo di attività medica eccetto alcune (ad esempio anestesia, radiologia, medicina nucleare, radioterapia).
Si tornerebbe, cioè alla situazione ante anni ’80 quando non era necessario possedere una specializzazione o in carenza, almeno per gli assistenti, il possesso di una “idoneità” ad assisente specialista della durata di sei mesi.
La prassi per iniziare a lavorare negli ospedali, prima degli anni ’80, consisteva, non appena acquisita l’abilitazione all’esercizio della professione e l’iscrizione all’Ordine, nell’essere assunti presso i sevizi di pronto soccorso per qualche tempo e transitare poi in uno dei reparti specialistici. Nel frattempo, numerose si susseguivano leggi di sanatorie che consentivano ai precari dell’epoca di essere “sanati” e diventare “di ruolo” in un tempo relativamente breve (sei mesi – 2 anni).
Si segnala l’ultimo in ordine di tempo:
*da Doctor33 del 12 luglio 2019
Quota 100, Fiaso: boom pensionamenti medici. A rischio offerta assistenziale
“……… In secondo luogo, in caso di oggettiva impossibilità a garantire i servizi, abbiamo proposto la stipula di incarichi libero-professionali per il periodo strettamente necessario, ricorrendo a medici in quiescenza o abilitati alla professione anche se non ancora specializzati……”
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Di fronte a queste proposte ha preso le distanze con una denuncia, il maggior sindacato dei medici ospedalieri, l’ANAAO- ASSOMED, con una dichiarazione del 30 giugno 2019 : Neolaureati al Pronto Soccorso: medici in rivolta.
“…… Per fronteggiare l’emergenza – che in concomitanza del consueto picco estivo di accessi nei pronto soccorso è diventata ancora più evidente – le Regioni hanno messo in atto strategie tampone.
Nella disperazione in cui si trovano nel coprire i turni nei pronto soccorso le Regioni e le aziende sanitarie hanno esercitato il massimo della loro fantasia: neolaureati, medici messi a disposizione dalle cooperative, professionisti a gettone, riservisti dell’esercito, pensionati, ‘mercenari’ dalla Romania.
Situazioni al limite», continua Palermo.
Accade così che medici neolaureati reclutati nei Pronto soccorso per urgenze minori si sono ritrovati a dover affrontare emergenze più gravi.
Motivo per cui l’Anaao ha presentato una diffida a tutte le aziende ospedaliere italiane e alle Regioni contro l’utilizzo di giovani medici senza specializzazione né concorso, reclutati da cooperative private e non valutati dalle Asl.
«Quando il servizio di Pronto soccorso, come succede in alcune Regioni, viene assegnato a cooperative nessuno va a controllare chi effettivamente presta quel servizio – spiega Palermo -.
Capita quindi di avere medici senza specializzazione e senza concorso.
C’è una deregulation totale dell’organizzazione e a pagarne il prezzo, a rischiare sulla propria pelle, sono i cittadini». Per l’Anaao la soluzione è «assumere giovani».
«Ora il Decreto Calabria allarga la possibilità di essere assunti a tempo determinato anche agli specializzandi al quarto anno – afferma Palermo -. Sarà, così, possibile attingere a una platea che, con il nuovo anno accademico, aumenterà di circa 6mila medici portando a 15 mila il numero di specializzandi che potrebbero essere assunti nel 2019 anche a tempo determinato per coprire le falle. Questo permetterà di cessare l’impiego di neolaureati che hanno un percorso appena iniziato».
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Ultimo aggiornamento
13 Luglio 2019, 13:47
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