Lite temeraria: danno iatrogeno inesistente, scatta il risarcimento per ospedale e medico (da News del Sole 24 Ore Sanità del 1 settembre 2015)

Data:
2 Settembre 2015

Tribunale di Padova – Sezione 2 – Sentenza 18 marzo 2015 n. 835

Pesante condanna pecuniaria per il paziente che «temerariamente» chiama in causa medico e struttura ospedaliera per un presunto danno iatrogeno non dimostrato e ampiamente smentito dalla Ctu disposta nel corso del procedimento. Il Tribunale di Padova, sentenza 18 marzo 2015 n. 835, ha infatti condannato, in via equitativa, un paziente a corrispondere 20mila euro All’azienda ospedaliera ed al medico curante, oltre al pagamento di 28mila euro per le spese legali sostenute dai convenuti. sentenza 18 marzo 2015 n. 835

La vicenda.

L’attore aveva lamentato l’imprudente somministrazione di un farmaco immunosoppressore utilizzato per la cura di una grave patologia oculistica che gli avrebbe procurato permanenti danni renali, sostenendo che l’assunzione da parte sua era avvenuta in assenza della necessaria informazione circa la potenziale dannosità della terapia.

La motivazione.

Secondo il tribunale premesso che «il consenso informato costituisce un valore in sé, un diritto che svolge la funzione di sintesi dei due diritti fondamentali della salute e all’autodeterminazione» per cui «ogni persona ha diritto a essere informata in ordine alla natura e ai possibili sviluppi dell’atto terapeutico cui è sottoposta e delle eventuali terapie alternative (Cassazione n. 2847/2010); non va però dimenticato che «è il paziente che deve dimostrare anche attraverso presunzioni che, ove correttamente informato, avrebbe rifiutato l’intervento (nesso fra inadempimento e danno)». Ora, prosegue la sentenza, «il rapporto rischi/benefici e l’assenza di terapie alternative deponevano per la somministrazione del farmaco e pertanto non si comprende sulla base di quale presupposto il paziente avrebbe potuto decidere di non seguire il percorso terapeutico suggerito». Inoltre, «se in ipotesi non avrebbe mai acconsentito al rischio di un apprezzabile compromissione renale, il rischio non si è realizzato», per cui «non si ritiene che la prova sia stata fornita».L’istruttoria ha, infatti, escluso «in maniera macroscopica il danno iatrogeno e la colpa del medico curante». Per cui, secondo il giudice, «sussiste quantomeno una colpa grave dell’attore perché nell’atto di citazione si fa riferimento a un’insussistente macro invalidità causata dal professore; a “numerosi esami di laboratorio” che avrebbero confermato una diagnosi in realtà errata; a un supposto uso “non controllato” di ciclosporina e a “gravi responsabilità” derivanti da un’”inopinabile negligenza” determinata addirittura dalla mancata lettura del foglietto delle avvertenze del farmaco».

La condanna.

Allegazioni, conclude la sentenza, rivelatesi «manifestamente infondate», ma portate a sostegno di una «temeraria richiesta di risarcimento di oltre mezzo milione di euro». Tutto ciò considerato, la somma prevista dall’articolo 96, terzo comma del codice di procadura civile è stata equitativamente determinata in 10mila euro per ciascuna delle due parti convenute. Mentre ai fini della liquidazione delle spese si è applicato il Dm n. 55/2014 (il processo si è concluso dopo il 2 aprile 2014) con la determinazione dello scaglione di riferimento in base alla domanda.

Ultimo aggiornamento

2 Settembre 2015, 20:47

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