La schizofrenia normativa sui certificati medici potrebbe non essersi conclusa e non sono esclusi nuovi interventi per risolvere i problemi.

Data:
13 Novembre 2013

Ma facciamo prima un po’ d’ordine su cosa è successo negli ultimi 365 giorni sui certificati medici per le attività sportive.
Lo scorso anno con l’avvento del Decreto Balduzzi si è avviata una stretta sulla certificazione per l’attività sportiva.
In primavera (il 24 aprile) è poi arrivato il decreto attuativo che fissava le regole precise disegnate dalla Balduzzi.
Regole stringenti e che ridefinivano (in un’ottica più improntata alla prevenzione) l’intero panorama dei certificati medici.
Una stretta, che tra le misure più rilevanti prevedeva l’obbligo per il medico di effettuare l’elettrocardiogramma per i certificati per le attività non agonistiche e prevedeva l’obbligo di certificato anche per l’attività amatoriale.
Norme, però, che se puntavano ad una maggiore prevenzione hanno scatenato la protesta dei medici (nel senso della limitata libertà professionale in merito all’obbligo dell’Ecg) e dei cittadini che vedevano le misure come un ostacolo (anche economico) alla pratica sportiva.
Per venire incontro a queste criticità il 20 agosto, nella conversione in legge del decreto Fare, “per non gravare cittadini e Servizio sanitario di ulteriori onerosi accertamenti”, è stato soppresso l’obbligo di certificazione per attività ludico-motoria, mantenendolo per quella sportiva non agonistica, così come è stato eliminato l’obbligo di effettuare l’Ecg per l’attività sportiva non agonistica.
A ribadire la misura è poi intervenuta l’11 settembre anche una circolare ministeriale. Ma i problemi non sono stati risolti.
Molte palestre per esempio, nonostante non vi sia l’obbligo di certificato medico continuano a richiederlo e lo stesso accade per l’Ecg.
Visto che la matassa ancora tardava a districarsi lo scorso 30 ottobre con il decreto Pa si è intervenuti nuovamente sul tema prevedendo che per i certificati per l’attività sportiva non agonistica è previsto che questi “siano rilasciati dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta, relativamente ai propri assistiti, o dal medico specialista in medicina dello sport ovvero dai medici della Federazione medico- sportiva italiana del Coni”.
Ai fini del rilascio di tali certificati, i “medici si avvalgono dell’esame clinico degli accertamenti incluso l’elettrocardiogramma, secondo linee guida approvate con decreto del Ministro della salute, su proposta della Federazione nazionale degli ordini dei medici-chirurghi e degli odontoiatri, sentito il Consiglio superiore di sanità.
Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Ma nonostante ciò l’intera normativa fa ancora acqua come segnalato dal deputato del Pd Filippo Fossati che in un’interpellanza dello scorso 8 novembre ha elencato alcune criticità ancora in essere, tra cui quella della disparità di trattamento per attività identiche tra soggetti riconosciuti o meno come sportivi dal CONI.
“Oggi, il quadro delle criticità si potrebbe riassumere in questi punti: noi ci troviamo di fronte a una disparità di trattamento per attività identiche tra soggetti riconosciuti o meno come sportivi dal CONI.
Un’attività che la legge definisce ad alto impatto cardiovascolare, ad esempio, se è organizzata da un soggetto non riconosciuto dal CONI, non è subordinata ad alcuna valutazione da parte del medico”.
“Se è organizzata – ha specificato Fossati – da un’associazione sportiva, necessita invece per il praticante una certificazione corredata da accertamenti diagnostici vari ed approfonditi.
Tutte le attività non agonistiche, invece, sono a questo punto una grande famiglia che, dopo l’approvazione dell’emendamento del Senato, comprendono anche le attività ludico-motorie e quelle a bassissimo impatto cardiovascolare, che sono, come recita la legge, il gioco da tavolo e addirittura la partita a carte.
Se anche questa viene svolta in contesti privati o associativi non sportivi, o a qualunque titolo organizzati, non ha bisogno di alcun tipo di certificazione o di accertamento diagnostico; ma se la stessa identica attività viene svolta nell’ambito di un’associazione sportiva dilettantistica il certificato ci vuole, anche per giocare a carte, e addirittura la Camera chiede al Governo di reintrodurre, attraverso nuove linee guida, l’accertamento dell’elettrocardiogramma a riposo”.
Fossati poi ha evidenziato anche come “alcune regioni hanno normato, invece, l’attività ludico-motoria, che, non essendo più normata a livello nazionale, ritrova una sua forza.
In queste regioni alcuni medici non ritengono, essendoci una normativa regionale che non richiede certificazione, di chiedere agli assistiti, di prescrivere agli assistiti e rilasciare agli assistiti certificati medici per l’attività non agonistica.
In tante società sportive si chiede per forza l’ECG a riposo, perché nell’indeterminatezza si ritiene che sia meglio avere un accertamento in più, dato che non sappiamo se il dettato dell’emendamento approvato alla Camera sia direttamente impegnativo o se entra in vigore solo dopo le linee guida.
Questo però crea contenziosi e crea un aggravio di spesa.
Concludo su questo, perché poi il Governo sa quali sono le richieste che facciamo.
La richiesta del deputato è stata infine quella di “reintervenire complessivamente sulla materia con delle nuove linee guida e con un nuovo decreto ministeriale che sani questi punti”.
A rispondere all’interpellanza è stato il sottosegretari alla Salute Paolo Fadda che ha specificato in primis come la legge 30 ottobre 2013, n. 125, di conversione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, è nuovamente intervenuta sulla tematica della certificazione dell’idoneità per l’attività non agonistica, definendo le figure dei medici certificatori (medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, relativamente ai propri assistiti, o del medico specialista in medicina dello sport, ovvero dei medici della Federazione medico-sportiva italiana del CONI), i quali si dovranno avvalere di linee guida, che dovranno essere approvate con decreto del Ministro della salute”.
Ma il sottosegretario ha ammesso le difficoltà in essere.
“Non vi è dubbio che il susseguirsi di disposizioni nella medesima materia, e in un intervallo di tempo molto ravvicinato, con modifiche anche sul decreto ministeriale 24 aprile 2013, che a suo tempo aveva attuato le disposizioni di cui al decreto-legge n.189 del 2012, nonché l’intervento legislativo anche da parte di alcune regioni sulla materia, hanno fatto sorgere i dubbi interpretativi che lei ha illustrato, che sono stati quindi ben rappresentati dagli interpellanti”. 
In ogni caso Fadda ha rassicurato sul fatto che tali “problematiche sono state poste per un approfondimento anche in sede della Commissione per la vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, la quale ha condiviso la necessità di avviare iniziative volte alla risoluzione delle suddette criticità”.  
Inoltre, il sottosegretario ha specificato come “al fine di superare le difficoltà avvertite ed avviare l’iter di definizione delle previste linee guida, il Ministero della salute ha attivato un tavolo di confronto per dare concreta soluzione alle predette criticità, al fine di garantire la tutela della salute nelle attività sportive e poter ristabilire una maggiore coerenza e linearità interpretativa della disciplina normativa in vigore, e non ultimo a promuovere e sostenere una corretta attività sportiva.
Se all’esito del confronto con i tavoli di cui sopra si renderà necessaria una ulteriore rivisitazione normativa, sono convinto che il Governo potrà contare sul sostegno del Parlamento, per addivenire ad una soluzione definitiva e condivisa anche dal mondo dello sport”.

  

di Luciano Fassari

Ultimo aggiornamento

13 Novembre 2013, 08:48

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