Il medico in via di specializzazione risponde in prima persona per gli errori che eventualmente commette in corsia

Data:
22 Aprile 2013

Il medico in via di specializzazione risponde in prima persona per gli errori che eventualmente commette in corsia.
La sua presenza in ospedale, dice infatti la Cassazione, non e’ dovuta alla "sola formazione professionale". Tutt’al piu’, ammette la Suprema Corte, se non si sente in grado di svolgere una funzione puo’ "astenersi". In questo modo, la Quarta sezione penale – sentenza 6981 – ha convalidato una condanna a due mesi di reclusione nei confronti di Alessandra G., colpevole, insieme a Giacomo V. medico radiologo in servizio all’ospedale di Alatri, di avere provocato, con condotte colpose indipendenti, lesioni personali gravissime ai danni di un bambino nato nel maggio 1997 affetto da un tumore che si trovava allo stadio iniziale. Nei confronti del bambino, ricostruisce la sentenza, erano state formulate diagnosi improprie e prescritte cure inadeguate. Da qui la condanna dei due medici tra i quali la dottoressa specializzanda presso il centro cefalee del Policlinico di Roma. Inutili i ricorsi in Cassazione. In particolare, per quel che riguarda il medico in via di specializzazione, la Cassazione ha ravvisato una "colpa per assunzione". In proposito si fa notare che "il medico specializzando non e’ presente nella struttura per la sola formazione professionale, la sua non e’ una mera presenza passiva ne’ lo specializzando puo’ essere considerato un mero esecutore d’ordini del tutore anche se non gode di piena autonomia". Tutt’al piu’, osserva ancora la Suprema Corte, "se non e’ o non si ritiene in grado di compiere le attivita’ deve rifiutarne lo svolgimento perche’ diversamente se ne assume le responsabilita’". Da qui la convalida della decisione della Corte d’appello di Campobasso del luglio 2011.

da DIRITTO24

Con il presente articolo si vuole, alla luce degli ultimi orientamenti giurisprudenziali e dottrinali, porre l’attenzione sulla responsabilità penale del medico specializzando.
Gli ultimi orientamenti giurisprudenziali (ex pluris Cass. Pen., IV sez., n. 6981 del 22 febbraio 2012) hanno cristallizzato come risponde penalmente lo specializzando in medicina che, trovandosi in fase di completamento della formazione presso una struttura sanitaria, commetta un grave errore professionale nella diagnosi e nel trattamento della patologia del paziente, dopo aver accettato di occuparsene ed averlo preso in carico, pur nella consapevolezza di non disporre delle adeguate e sufficienti competenze e nonostante egli svolga la propria attività sotto le direttive e la responsabilità del tutore o comunque del medico strutturato.
Viene in rilievo la cosiddetta “colpa per assunzione” nell’ambito dell’esercizio della professione medico – sanitaria.
Colpa per assunzione che trova il suo fondamento nel dovere di diligenza.
Nel caso della fattispecie oggi in analisi, il dovere di diligenza impone al soggetto un obbligo di astensione da una determinata azione, sia perché porla in essere comporterebbe un rischio troppo elevato di realizzazione di un reato colposo, sia sulla base della considerazione che il soggetto non è sufficientemente esperto per espletare prestazioni o attività che richiedano particolari cognizioni tecniche.
L’inosservanza e conseguente violazione della regola cautelare, da cui scaturisce il rimprovero soggettivo all’agente e la conseguente imputazione della condotta a titolo di colpa, riposa già nell’essersi il soggetto assunto un compito, nella consapevolezza o nella assenza colposa della stessa, di non possedere le capacità tecnico – professionali per assolverlo. La colpa per assunzione importa ex se, nella fattispecie in oggetto, l’obbligo di astenersi, per il medico ancora non specializzato e che quindi non ha ancora compiuto tutto l’iter teorico – pratico di specializzazione, dal compiere un intervento operatorio che richieda specifiche abilità e conoscenze tecniche e sussistendo la concreta possibilità di rivolgersi a collega più competente ed esperto.
Per cui lo specializzando che incorra in errore operatorio, provocando la morte o una lesione al paziente, sarà chiamato a rispondere del reato di omicidio o della meno grave ipotesi lesiva, chiaramente nella forma di imputazione soggettiva colposa.
In ordine ai parametri concreti alla cui stregua valutare il grado di diligenza richiesto al medico specializzando vengono in luce, secondo la prevalente giurisprudenza e dottrina, due concetti : la posizione di garanzia e la c.d. autonomia vincolata.
La giurisprudenza ha più volte ed in diverse occasioni ribadito come la partecipazione da parte dello specializzando all’attività operatoria di cui all’art. 38 D.Lgs. n. 368/1999, sebbene si svolga sotto le direttive del docente, non esclude l’assunzione di responsabilità diretta dal parte dello stesso specializzando, il quale diviene titolare, nei confronti del paziente, di una posizione di garanzia, sia pure condivisa con quella rivestita da chi impartisce le direttive, secondo i rispettivi ambiti di competenza, pertinenza ed incidenza.
Anche in capo allo specializzando viene in rilievo l’obbligo di osservanza della leges artis, non essendo sufficiente, ai fini dell’esenzione da responsabilità penale, la passiva acquiescenza alle direttive impartite, laddove queste non si appalesino appropriate, avendo invece lo stesso specializzando l’obbligo di astenersi del tutto dall’operare.
In tale ottica interpretativa, pennellata dalla giurisprudenza, lo specializzando ne esce fuori non come un mero esecutore degli ordini impartiti dal medico tutor o docente, ma lo stesso è dotato di un’autonomia vincolata nello svolgimento delle attività medico chirurgiche di cui sia stato incaricato.
Egli è parte integrante della comunità ospedaliera in cui si sta formando.
Lo specializzando laddove ritiene di non essere in grado di compiere determinate attività medico – chirurgiche deve rifiutare l’espletamento delle stesse, perché diversamente se ne assume la responsabilità nei termini della colpa per assunzione.
Lo specializzando, pertanto, nei limiti delle sue competenze, deve segnalare eventuali errori od omissioni e, conseguentemente, rifiutare di avallare terapie che, secondo il livello di perizia e diligenza da lui esigibile, appaiono palesemente incongrue.
E’ chiaro che la valutazione caso per caso, come sottolineato dalla giurisprudenza, va effettuata tenendo conto della gradualità di assunzione di responsabilità che la normativa speciale prevede in relazione al grado di competenza e specializzazione che ogni intervento richiede.
L’autonomia di cui lo specializzando gode, seppur limitata ed attuata sotto le direttive del tutore, comporta l’assunzione di responsabilità per l’attività da lui stesso posta in essere, ben potendo lo specializzando essere chiamato a rispondere dell’esito infausto dell’operazione o del trattamento medico – sanitario a cui abbia preso parte.

Ultimo aggiornamento

22 Aprile 2013, 05:56

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