Il lascito di Cavalli Sforza, un manifesto contro la razza (Accademia dei Lincei, 3 settembre 2018) Morto Luigi Luca Cavalli Sforza, pioniere della genetica delle popolazioni Dimostrò che il concetto di razza non ha basi scientifiche (da ANSA del 1 settembre 2018)

Data:
3 Settembre 2018

(a cura del prof. Enrico Alleva, socio corrispondente dei Lincei)

A 96 anni è mancato nella sua casa di famiglia di Belluno il genetista e antropologo Luigi “Luca” Cavalli-Sforza. Accademico dei Lincei e membro della Royal Society, ha rappresentato una figura scientifica di assoluto rilievo: caratterizzata da un militante e originale approccio multidisciplinare, capace di interconnettere (anche metodologicamente) genetica popolazionistica e molecolare, statistica, linguistica, archeologia ma anche antropologia fisica e culturale, etologia, sociologia, demografia, storia ed ecologia. Ha insegnato a Pavia, Parma e a lungo a Stanford (California), mantenendo costantemente un rapporto privilegiato con la comunità scientifica italiana, generosamente prodigandosi nel formare e aggiornare moltissimi allievi e colleghi. Lascia perciò un’impronta profonda e duratura nella nostra cultura nazionale.

A Stanford, dove fondò e diresse un poderoso dipartimento di antropologia, ha accolto schiere di giovani ricercatori italiani, e le vivaci chiacchierate corali al tavolo della mensa crearono un club elitario, ma succosamente formativo: lo ricordo tenere banco sull’attualità scientifica del giorno con sapiente ironia mista a una naturale eleganza fisica e di modi.

In una fase (anni sessanta) per molti aspetti pionieristica della genetica, si occupava degli effetti delle radiazioni sui microrganismi – lavorando sul moscerino Drosophila e soprattutto su batteri – scoprendo i ceppi Hfr (ad alta frequenza di ricombinazione) e caratterizzando il fenomeno di “coniugazione batterica” (una sorta di relazione sessuale tra questi microrganismi) e descrivendone le mappe genetiche. Con curiosità vorace e seguendo intuizioni originalissime passò alle mappe genetiche umane, alla ricerca di una innovativa prospettiva sulla storia dell’umanità dai suoi primordi, seguendone migrazioni, contro-migrazioni, spostamenti, scambi continui, adattamenti (seguiva avventurosamente pigmei e altre popolazioni tra loro molto diverse).

Con il suo coraggioso programma Human Genome Diversity Project fece ragionare la comunità scientifica (e non solo) sull’unicità genetica e culturale di ciascun essere umano, rendendo scientificamente desueto, quando non socialmente pericoloso, l’uso del termine “razza umana”. Con i libri “Geni, popoli e lingue” e “Storia e geografia dei geni umani” (entrambi per Adelphi) spiegò al pubblico non specialista l’essenza del suo pensiero. Col figlio Francesco scrisse “Chi siamo” e nel 2011 gli venne dedicata la mostra al Palazzo delle esposizioni a Roma “Homo sapiens: la grande storia della diversità umana”. Fu molto attivo nella fondazione Buzzati-Traverso, esempio davvero importante di divulgazione e diffusione della cultura scientifica nazionale.

Perché il suo insopprimibile desiderio di narrare a chicchessia la propria scienza ne ha fatto – caso particolarmente raro per uno scienziato della sua generazione – un divulgatore prodigo e di talento. Sarà anche ricordato per questa sua militanza civile per un sapere democraticamente “per tutti” (o almeno per molti), e per aver saputo porgere, facendo riflettere e anche accendendo dibattiti e qualche volta polemiche su temi scottanti della sua scienza: dall’origine “africana” dell’umanità, all’inconsistenza tecnica delle differenze “razziali”, all’intrecciarsi complesso ma fecondo di lingue, forme di capanne, triplette di nucleotidi nel Dna.

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Morto Luigi Luca Cavalli Sforza, pioniere della genetica delle popolazioni

Dimostrò che il concetto di razza non ha basi scientifiche

da ANSA del 1 settembre 2018

E’ morto all’età di 96 anni il genetista Luigi Luca Cavalli-Sforza, celebre per avere gettato le basi della genetica delle popolazioni e per avere dimostrato l’infondatezza scientifica del concetto di razza umana. Nato a Genova il 25 gennaio 1922, è morto a Belluno, dove viveva. La sua carriera scientifica era cominciata in Gran Bretagna, e fin dagli anni ’50 è proseguita fra Italia, dove insegnava nell’università di Pavia, e gli Stati Uniti, nell’università di Stanford.

Dopo aver studiato a Torino alla scuola di Giuseppe Levi, come prima di lui avevano fatto Rita levi Montalcini, Salvador Luria e Renato Dulbecco, Cavalli Sforza aveva cominciato la sua carriera scientifica nell’università di Pavia con il pioniere della genetica italiana, Adriano Buzzati Traverso. Era l’epoca in cui i geni erano ancora entità da definire, comprendere e misurare e anche grazie al fascino di queste ricerche Cavalli Sforza aveva seguito Buzzati Traverso in Germania e poi nell’Istituto di Idrobiologia di Pallanza. Di Buzzati aveva inoltre sposato la nipote, Albamaria Ramazzotti.

I suoi colleghi ricordano Luigi Luca Cavalli Sforza come un uomo di grandi vedute e un ricercatore a tutto tondo, animato da un’enorme curiosità che lo aveva portato a studiare tanto la biologia quanto la statistica, discipline molto diverse che riuscì a conciliare nel suo impegno nelle ricerche sulla genetica delle popolazioni, dai primi studi condotti in Italia, sull’Appennino parmense, fino alle ricerche in Africa. Aveva approfondito queste ricerche nell’università di Stanford per oltre 20 anni ed era rientrato in Italia solo nel 1994, fermamente intenzionato, aveva detto, a lottare contro “l’inerzia e la lentezza della ricerca italiana”. Stare in Italia gli piaceva e qui intendeva portare avanti le ricerche storiche sull’origine delle popolazioni, che definiva “importanti per comprendere i meccanismi dell’evoluzione e
l’adattamento culturale”. Preso avrebbe osservato, però, che la ricerca italiana era ancora ferma ai livelli di 30 anni fa, con “poco denaro e mal distribuito”.

Aveva comunque scelto di continuare a lavorare in Italia e le sue ultime ricerche lo avevano portato ad affermare che il concetto di razza è soltanto culturale e che non è dimostrato da nessuna base genetica. Oltre al confine tra le razze Cavalli Sforza si è preoccupato di abbattere anche quello tra cultura scientifica e umanistica, facendo dialogare discipline diverse, come genetica, matematica, archeologia e linguistica, allo scopo di ricostruire il primo atlante genetico del mondo.

Per la ricerca una perdita immensa
Una “perdita immensa”per la genetica italiana e mondiale e per tutto il mondo della ricerca: per il genetista Giuseppe Novelli, rettore dell’Università di Roma Tor Vergata, a Luigi Luca Cavalli Sforza il mondo scientifico deve moltissimo, a partire dalla “grande intuizione di aver capito che esista una genetica di popolazione, una grande disciplina che ci ha permesso di capire da dove veniamo, come ci siamo distribuiti su questo pianeta”.
Soprattutto, ha proseguito Novelli, le ricerche di cavalli Sforza “hanno permesso di confutare la più assurda delle divisioni che gli uomini abbiano creato, quella delle razze, dimostrando che non esistono dal punto di vista biologico e che sono un’invenzione sociale”.

Di Cavalli Sforza, al quale era legato da “profonda amicizia”, il direttore del Laboratorio di Biologia dello Sviluppo dell’Università di Pavia, Carlo Alberto Redi, ha ricordato che “prima a Pavia e poi a Stanford, ha segnato generazione di studiosi”. Delle ricerche di Cavalli Sforza ricorsa quelle condotte negli anni del dopoguerra: “allora i genetisti russi cercavano di definire il gene, utilizzando l’atomo per capirne struttura biologica e stabilirne le dimensioni”. Erano queste le ricerche che Cavalli Sforza aveva iniziato ad affrontare insieme ad Adriano Buzzati Traverso. Decisivi anche i contributi dalla genetica delle popolazioni, studiata dall’Appennino parmense all’Africa. “L’aspetto importante delle sue ricerche era il travaso nel sociale: Cavalli Sforza – ha rilevato Redi – ha chiarito che migrazioni fanno parte dell’essere umano e che il concetto di razza è un’invenzione sociale”.

Per il genetista Paolo Vezzoni, del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e dell’istituto Humanitas di Milano, Luigi Luca Cavalli Sforza “è stato il primo al mondo a indagare la diversità della specie umana e degli organismi, e il primo a capire che le numerose differenze tra uomo e uomo a livello etnico e individuale dono dovute a variazioni genetiche scritte nel Dna”. Queste differenze, chiamate polimorfismi, Cavalli Sforza le aveva studiare prima nelle proteine e poi del Dna, utilizzandole per ricostruire la storia dell’uomo e delle migrazioni avvenute nei millenni: “le sue ricerche – ha rilevato – ci hanno dato strumenti per indagare il passato: la genetica ha aiutato l’archeologia e la storia a ricostruire il passato dell’uomo”. Uno degli studi più famosi di Cavalli Sforza, ha proseguito Vezzoni, “ha dimostrato che l’agricoltura si era diffusa dal Medio Oriente in tutta l’Europa grazie alla migrazione delle persone: la cultura emigrava perché migravano le persone”. Se oggi abbiamo grandi laboratori studiano il genoma dei Neanderthal, ha concluso, “lo dobbiamo a Cavalli Sforza e alle ricerche che ha condotto anche in Italia, dove ha collaborato a lungo con il Cnr”.

Ultimo aggiornamento

3 Settembre 2018, 18:24

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