“Doppio imbroglio Stamina” – Un intervento di Gilberto Corbellini ed Elena Cattaneo del 7 luglio 2013 comparso nella edizione de “Il Sole 24 Ore” del 31 agosto 2013

Data:
1 Settembre 2013

Ora che «Nature» ha smascherato quella che sembra essere una frode ai danni dello stato, ma soprattutto dei pazienti, organizzata da Vannoni & Co., ci si aspetta che i tribunali facciano quello che avrebbero dovuto fare da tempo; cioè perseguire questi ciarlatani, invece di prescrivere d’ufficio il falso trattamento.

E in un paese più civile i giudici che hanno abusato della loro funzione sarebbero anche sanzionati per i danni che hanno concorso a causare, insieme a tutti coloro che hanno promosso l’immagine di un "metodo" e di "cure" mai dimostrate.

Attraverso pubblicità spesso ingannevoli, e sfruttando ignominiosamente la credulità popolare, oltre che la debolezza di chi spera.

Tutti hanno visto e possono ora giudicare le trasmissioni televisive in cui Le Iene hanno disinformato l’opinione pubblica.

Era chiaro all’intera comunità scientifica che il "metodo Stamina" non esiste.

L’ha detto in modo chiaro anche l’Accademia dei Lincei, mentre è rimasta inspiegabilmente in silenzio la Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici, se non per un comunicato tardivo e minimale.

Ora ci sono le prove che Vannoni & Co. hanno trafugato immagini da articoli pubblicati anni fa da scienziati russi, che descrivono procedure diverse dal metodo per il quale i nostri hanno chiesto la protezione brevettuale.

Al Parlamento e nelle audizioni alla Camera quel "metodo" Stamina era stato presentato come unico, migliore rispetto a qualsiasi altro, una strategia rivoluzionaria, «con tante raffinatezze» come dichiaravano i nostri, descritto in quell’unico testo grossolano a cui Stamina ha sempre fatto riferimento.

Una richiesta brevettuale che non ha mai avuto fortuna.

«Sta tutto lì dentro», dicevano.

Infatti, ci stanno anche gli imbrogli "scientifici", ora sappiamo da «Nature», che confermano che il "metodo" non esiste.

Ci si aspetta una dura reazione del ministro della Salute, e ci si chiede perchè la governance universitaria (Rettore dell’Università di Udine, Presidente del Consiglio Universitario Nazionale e Ministro dell’Università e Ricerca), alla quale spetta la responsabilità civile dell’educazione al rispetto dei fatti e delle prove, in particolare dei futuri medici e professionisti del settore sanitario, non abbiano mai censurato il comportamento pubblico del professor Davide Vannoni (associato di psicologia della comunicazione a Udine, quindi nè medico nè biologo) il quale nei mezzi di informazione ha offeso e minacciato i colleghi che, legittimamente, e prove alla mano, l’hanno criticato.

Rimangono aperte alcune domande sui modi e sul merito di quel che è accaduto.

Cominciamo dai modi.

Quale reazione susciterebbe in un cittadino di media intelligenza e cultura il fatto che un parlamento votasse per fare un esperimento che dovrebbe stabilire se hanno ragione alcuni fanatici, i quali sostengono che gli astronomi si stanno sbagliando e non è la Terra che gira intorno al Sole, ma viceversa?

Noi pensiamo che questo immaginario cittadino sarebbe scandalizzato.

Penserebbe di essere di fronte a un imbroglio colossale perpetrato da manipolatori, ai danni di una classe politica poco preparata in materia.

Ebbene la vicenda "Stamina" è più o meno equivalente.

E dimostra che la politica non deve occuparsi di stabilire se una teoria scientifica o una tecnica sono valide.

Deve solo garantire la libertà di ricerca e il confronto e la competizione per le idee migliori (che poi ricadranno positivamente sulla società) oltre a tutelare la sicurezza dei cittadini.

Perché il valore conoscitivo di un’ipotesi scientifica o l’utilità di un’innovazione non può essere messa ai voti.

Quando la politica si impicciava o si impiccia accadevano i casi Galileo e Lysenko, si facevano e si sono fatte le leggi eugeniche razziste e naziste, sono accaduti i casi Di Bella, eccetera.

Cioè si son fatti e si fanno danni: soldi buttati, pazienti esposti a rischi inutili, morti, eccetera.

Evidentemente un principio così elementare, come quello che il confronto tra ideologie e interessi deve star fuori dall’accertamento delle verità di fatto in materia di scienza e tecnologie, perché porta facilmente a manipolazioni strumentali, non fa ancora parte della cultura politica di questo paese.

Ma i tecnici queste cose dovrebbero saperle.

E il guaio, nel caso Stamina, è stato fatto dal ministro tecnico Balduzzi.

Perché non abbiamo mai capito come abbia potuto emettere un decreto che autorizzava una pratica illegale per giunta bloccata dall’Aifa, oltre che priva di alcuna consistenza medico-scientifica.

E come abbia potuto il Senato peggiorare quel decreto approvando modifiche che avrebbero prodotto disastri epocali per lo Stato e i malati, se la Camera dei deputati non avesse preso tempo per capire meglio e licenziare un testo di legge un po’ più basato sui fatti.

Per rispondere a questi interrogativi, bisogna entrare nel merito.

Da alcuni anni lo staminologo italiano Paolo Bianco lancia l’allarme in merito al rischio che la cosiddetta medicina rigenerativa, e in generale le terapie che somministrano con intenti terapeutici cellule e preparati cellulari, stia favorendo l’emergere di una pressione politica ed economica per accelerare il trasferimento alla clinica di esperienze di laboratorio.

Per quest’approccio è stato anche inventato un nome: si chiama "medicina traslazionale" e cerca di far fronte a, e sfruttare, spesso prescindendo da ogni razionale scientifico e da ogni prova di efficacia, la domanda di trattamenti per malattie rare e gravi.

Ebbene ci sono prove che è in atto un’operazione scientificamente calcolata per indurre le agenzie regolatorie internazionali, quindi per spingere i parlamenti e i governi che decidono la politica di queste agenzie, ad abbassare i criteri richiesti per l’approvazione dei trattamenti terapeutici avanzati, in modo particolare l’uso di cellule staminali.

Quali sarebbero gli argomenti per chiedere meno controlli?

Si dice che dovrebbe bastare la prova dell’innocuità dei trattamenti per dare l’autorizzazione. Una volta provato che questi trattamenti non sono dannosi, per quanto riguarda l’efficacia si dovrebbe lasciare a una valutazione che viene dall’uso che se ne farà.

A chi obietta sull’eticità di proporre trattamenti di non provata efficacia, si risponde che in fondo spetta al paziente in autonomia decidere se vuole sottoporvisi.

L’argomento si potrebbe anche prendere in considerazione se tutto questo fosse fatto con investimenti privati e una rigida sorveglianza da parte di agenzie indipendenti.

In realtà, lo si vuol fare, come sta accadendo per Stamina, a spese del sistema sanitario nazionale e riducendo indiscriminatamente i controlli relativi all’efficacia e alle conseguenze avverse.

Il caso Stamina dimostra, se ce ne fosse stato bisogno, dato quel che è sempre successo in passato, quali rischi si corrono a eliminare regole che sono state introdotte proprio per prevenire questo genere di abusi.

Regole che possono anche essere riviste – qualora e se le promesse di efficacia delle strategie a base di staminali si faranno più solide – ma non per favorire gli interessi di uomini d’affari anche se questi sono stati o sono medici o scienziati.

Bensì per tutelare meglio i pazienti e allo stesso tempo favorire davvero una maggiore produttività nell’ambito dell’innovazione terapeutica per malattie che oggi non lasciano speranza, ma sulle quale scienziati e medici sono in campo ogni giorno.


Ultimo aggiornamento

1 Settembre 2013, 08:13

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