DECRETO “SOSTEGNI” VACCINI IN FARMACIA – Il Presidente Anelli scrive a Draghi e a Speranza

Data:
24 Marzo 2021

Protocollo Partenza N. 5038/2021 del 22-03-2021

Prof. Mario Draghi
Presidente del Consiglio dei Ministri
presidente@pec.governo.it

On. Roberto Speranza

Ministro della salute
segreteriaministro@sanita.it

Illustre Presidente, Illustre Ministro,
come è noto alle SS.VV., il decreto “Sostegni”, approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 19 marzo u.s., prevede che sia consentita in via sperimentale per l’anno 2021 la somministrazione di vaccini nelle farmacie aperte al pubblico direttamente dal farmacista, il quale provvede anche alla raccolta del consenso informato.
Questa Federazione, Ente pubblico sussidiario dello Stato, che agisce al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale, non può non esprimere perplessità in merito alla suddetta disposizione.
Si rileva, infatti, che l’art. 1 (consenso informato) della legge 22 dicembre 2017, n. 219, dispone al comma 1 che: “La presente legge, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge”. Il comma 2 prevede che è promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico che si basa sul consenso informato nel quale si incontrano l’autonomia decisionale del paziente e la competenza, l’autonomia professionale e la responsabilità del medico. Il comma 3 stabilisce che: “Ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell’accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi. Può rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni ovvero indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di riceverle e di esprimere il consenso in sua vece se il paziente lo vuole. Il rifiuto o la rinuncia alle informazioni e l’eventuale indicazione di un incaricato sono registrati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico”. Il comma 6 dispone che: “Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciare al medesimo e, in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico-assistenziali; a fronte di tali richieste, il medico non ha obblighi professionali”. Il comma 8 stabilisce che il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura.
L’art. 35 del Codice di deontologia medica (Consenso e dissenso informato) dispone che: ”L’acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato. Il medico acquisisce, in forma scritta e sottoscritta o con altre modalità di pari efficacia documentale, il consenso o il dissenso del paziente, nei casi previsti dall’ordinamento e dal Codice e in quelli prevedibilmente gravati da elevato rischio di mortalità o da esiti che incidano in modo rilevante sull’integrità psico-fisica. Il medico tiene in adeguata considerazione le opinioni espresse dal minore in tutti i processi decisionali che lo riguardano”. Va precisato che il dovere di informare da parte del medico e il diritto di essere informato da parte del paziente è previsto anche dall’articolo 33 del Codice di deontologia medica (Informazione e comunicazione con la persona assistita) che al comma 1 stabilisce che: ”Il medico garantisce alla persona assistita o al suo rappresentante legale un’informazione comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione, sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative diagnostico-terapeutiche, sui prevedibili rischi e complicanze, nonché sui comportamenti che il paziente dovrà osservare nel processo di cura”.
Si sottolinea inoltre che la giurisprudenza consolidata ha chiarito che il consenso informato, ad oggi, si configura come un diritto del paziente ad essere informato riguardo le proprie condizioni di salute e a poter scegliere liberamente e volontariamente se sottoporsi o meno ad un trattamento sanitario e si pone, altresì, come un obbligo informativo del medico di rendere edotto il proprio assistito, la cui violazione può essere foriera di una sua responsabilità civile. Il consenso all’atto medico da parte del paziente non può essere mai presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente dopo aver
ricevuto una corretta informazione. Ricade in capo al medico l’onere della prova sulla effettiva acquisizione del consenso all’atto medico da parte del paziente.
Pertanto l’acquisizione del consenso informato è per legge un atto di esclusiva
competenza del medico. La ratio di tale previsione legislativa deve ritenersi finalizzata ad attribuire al medico, in quanto unico soggetto deputato all’anamnesi e alla valutazione dello stato di salute del paziente, la trasmissione di una corretta informazione finalizzata alla raccolta del consenso riguardo ai benefici e ai rischi di tale trattamento sanitario, nonché riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze di un rifiuto dello stesso.
Tale legislazione deve ritenersi avanzata all’interno del quadro normativo comunitario, in quanto ha introdotto una maggiore tutela del rispetto del diritto, costituzionalmente protetto, alla tutela della salute individuale e collettiva. Riteniamo, quindi, che anche in una fase emergenziale della pandemia non si possa abdicare ai principi introdotti con la legge 22 dicembre 2017, n. 219.
Come più volte affermato dalla Corte costituzionale la salute è un bene primario che assurge a diritto fondamentale della persona ed impone piena ed esaustiva tutela, tale da operare sia in ambito pubblicistico che nei rapporti di diritto privato. E’ stato anche ripetutamente affermato che la tutela della salute riguarda la generale e comune pretesa dell’individuo a condizioni di vita che non pongano a rischio questo suo bene essenziale. E tale tutela implica non solo situazioni attive di pretesa, ma comprende – oltre che misure di prevenzione – anche il dovere di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui.
Ciò detto, nel comprendere e condividere la necessità di accelerare la campagna nazionale di vaccinazione, alla quale i medici e gli odontoiatri italiani stanno dando un contributo fondamentale, non possiamo non rilevare questa sostanziale criticità della novella legislativa, che rischia di compromettere le procedure inerenti all’anamnesi prevaccinale e alla prevenzione di eventuali reazioni avverse. Si sottolinea infatti che anche nei riassunti delle caratteristiche di prodotto, approvati dalle autorità regolatorie, dei vaccini attualmente registrati, e pubblicati sul sito dell’AIFA, è raccomandato che devono essere sempre prontamente disponibili cure e supervisione mediche adeguate in caso di reazione anafilattica a seguito della
somministrazione. La stessa decisione di sottoporre o meno a vaccinazione la
persona, sulla base delle indicazioni riportate nelle caratteristiche del prodotto, non può prescindere dalla valutazione delle condizioni di salute del paziente, da effettuarsi da parte del medico nel momento stesso della vaccinazione, anche per escludere potenziali situazioni patologiche intercorrenti. Inoltre non possiamo non evidenziare come la mancata osservanza di quanto rappresentato nei suddetti riassunti delle caratteristiche del prodotto esponga i vaccinatori non medici alle inevitabili conseguenze medico-legali.
La FNOMCeO ritiene imprescindibile riporre la massima attenzione alla tutela della salute dei pazienti nel caso di possibili complicazioni derivanti dallo svolgimento di tale attività di vaccinazione. Pertanto si evidenzia che tale attività sanitaria, comportando un potenziale rischio per la sicurezza del paziente – tanto che il medicinale è soggetto a prescrizione medica limitativa (RRL) – dovrebbe essere necessariamente svolta sotto la supervisione e alla presenza del medico.
Si sottolinea inoltre che il Ministero della salute con Circolare del 9 febbraio 2021, recante “Aggiornamento vaccini disponibili contro SARS-CoV-2/COVID-19 e chiarimenti sul consenso informato“ ha specificato che: “Relativamente alla scheda anamnestica, la verifica dello stato di salute e/o di patologia anche in occasione della seconda somministrazione si pone quale elemento imprescindibile per la decisione di procedere alla vaccinazione da parte del personale sanitario. In ragione di ciò, è necessaria una verifica da parte del personale sanitario preposto alla vaccinazione in merito ad eventuali
modificazioni dello stato di salute e/o di patologia intercorse dopo la somministrazione della prima dose, ivi compresi eventuali reazioni avverse e/o effetti collaterali, da annotarsi nella scheda anamnestica”.
Ebbene tali valutazioni anamnestiche non possono che essere effettuate da un
medico e rappresentano il presupposto dell’assenso del medico a quel determinato cittadino per effettuare il vaccino, così come previsto dall’AIFA nel vincolare la somministrazione alla prescrizione medica limitativa.
I medici si sono spesi con impegno e abnegazione senza risparmiarsi e anche a costo della vita in questa pandemia. Ora stanno offrendo al Paese tutto il loro apporto per uscirne tramite la campagna di vaccinazione per la quale tutti i 450.000 medici e odontoiatri sono scesi in campo, rispondendo alla chiamata deontologica di tutelare i cittadini: ad infoltire l’esercito dei medici dipendenti sono ora arrivati 164.800 tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, odontoiatri, medici specializzandi, medici volontari. In questo momento emergenziale è necessario il contributo di tutti, nel rispetto delle specifiche competenze che appartengono alle singole professioni.
Accogliamo, quindi, con favore l’individuazione di nuove sedi vaccinali. Anzi, oltre alle farmacie, sarebbe cosa opportuna coinvolgere le parafarmacie, con particolare riguardo a quelle dei centri commerciali, sempre rispettando le indicazioni dell’AIFA e del Ministero della salute e prevedendo la presenza fisica del medico. Occorre individuare un modello organizzativo unitario a livello nazionale, che sia mirato e limitato alla sola gestione della fase emergenziale, che coinvolga tutti i professionisti che hanno dato la loro disponibilità, capace di garantire la sicurezza delle cure.
In conclusione, al fine di offrire un ulteriore contributo alla pianificazione della campagna vaccinale, questa Federazione ritiene necessario una attenta valutazione e riesame delle modalità di attuazione di tale novella legislativa, nell’ottica della migliore tutela della salute individuale e collettiva.
Certi della sensibilità delle SS.VV., si inviano cordiali saluti.

IL PRESIDENTE
Filippo Anelli

Ultimo aggiornamento

24 Marzo 2021, 16:58

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