Certificati on line, il problema non sono i medici ma la banda larga

Data:
4 Febbraio 2011

Nonostante la falsa partenza delle certificazioni on line di martedì, il ministro Brunetta non dà segni di ripensamento e ai giornalisti ribadisce l’intenzione di proseguire per la sua strada, prendendo a modello quanto fanno già altri paesi. Rispetto ai quali, però, l’Italia lamenta un forte ritardo infrastrutturale. Nella parte di Europa più avanzata, infatti, la banda larga significa reti da 20 Megabit al secondo; da noi la velocità media delle linee Adsl non supera i 4 megabit al secondo e scende a 3,2 o addirittura a 2,6 nelle zone rurali e nei centri con meno di duemila abitanti (dati dell’Osservatorio nazionale banda larga). E stiamo parlando di valori in download (dati in arrivo), perché nell’upload (dati in partenza) la differenza è ancora maggiore: la "A" di Adsl sta infatti per "asimmetrica" perché lo spazio riservato ai dati in arrivo è maggiore di quello lasciato ai dati in partenza, che da noi spesso non supera i 640 kb al secondo; all’estero invece le linee sono dsl, senza la "A", il che significa banda larga, larghissima, anche quando si invia. E poi c’è la qualità: secondo uno studio della Said Business School dell’Università di Oxford in collaborazione con l’Università di Oviedo, nel 2010 l’Italia era al 26esimo posto sui 30 paesi più avanzati per qualità della banda larga, misurata attraverso capacità di download, capacità di upload e latenza (durata) di connessione. Bastano queste cifre a dare una misura del ritardo infrastrutturale del nostro paese (dove solo il 39% degli abitanti può accedere a una linea a 20 mega, la percentuale più bassa di tutte l’Europa). Un ritardo che nel 2009 il governo si era proposto di colmare con uno stanziamento di 800 milioni per portare la banda larga a tutti gli italiani entro i successivi tre anni. Pochi mesi dopo quello stanziamento è stato utilizzato per assorbire altre necessità di bilancio.

Ultimo aggiornamento

4 Febbraio 2011, 12:53

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Nonostante la falsa partenza delle certificazioni on line di martedì, il ministro Brunetta non dà segni di ripensamento e ai giornalisti ribadisce l’intenzione di proseguire per la sua strada, prendendo a modello quanto fanno già altri paesi. Rispetto ai quali, però, l’Italia lamenta un forte ritardo infrastrutturale. Nella parte di Europa più avanzata, infatti, la banda larga significa reti da 20 Megabit al secondo; da noi la velocità media delle linee Adsl non supera i 4 megabit al secondo e scende a 3,2 o addirittura a 2,6 nelle zone rurali e nei centri con meno di duemila abitanti (dati dell’Osservatorio nazionale banda larga). E stiamo parlando di valori in download (dati in arrivo), perché nell’upload (dati in partenza) la differenza è ancora maggiore: la "A" di Adsl sta infatti per "asimmetrica" perché lo spazio riservato ai dati in arrivo è maggiore di quello lasciato ai dati in partenza, che da noi spesso non supera i 640 kb al secondo; all’estero invece le linee sono dsl, senza la "A", il che significa banda larga, larghissima, anche quando si invia. E poi c’è la qualità: secondo uno studio della Said Business School dell’Università di Oxford in collaborazione con l’Università di Oviedo, nel 2010 l’Italia era al 26esimo posto sui 30 paesi più avanzati per qualità della banda larga, misurata attraverso capacità di download, capacità di upload e latenza (durata) di connessione. Bastano queste cifre a dare una misura del ritardo infrastrutturale del nostro paese (dove solo il 39% degli abitanti può accedere a una linea a 20 mega, la percentuale più bassa di tutte l’Europa). Un ritardo che nel 2009 il governo si era proposto di colmare con uno stanziamento di 800 milioni per portare la banda larga a tutti gli italiani entro i successivi tre anni. Pochi mesi dopo quello stanziamento è stato utilizzato per assorbire altre necessità di bilancio.

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