Cade e si reca alla guardia medica per le cure del caso – Il medico di servizio chiama il 118 per il ricovero del ferito in ospedale non si configura l’omissione di soccorso o di atti d’ufficio

Data:
25 Luglio 2011

(da Studio Legale Law)

Il Tribunale di Campobasso dichiara il non luogo a procedere nei confronti del medico imputato dei reati di omissione di soccorso e di atti d’ufficio, per avere, quale incaricato di pubblico servizio in qualità di medico incaricato della guardia medica presso l’ambulatorio di Gambatesa, omesso di prestare l’assistenza occorrente e le cure del caso, disinfettazione e sutura, a un paziente che si era presentato con ferita lacera in sede frontale, esito di caduta.
Poteva finire li, ma così non è stato, poiché il PM ha promosso ricorso per Cassazione.
Con la Sentenza n. 28005/2011, la Suprema Corte ha, tuttavia, rigettato in pieno il ricorso.
L’omissione di soccorso non viene in rilievo e non concorre formalmente, in forza del principio di specialità, con il delitto di omissione di atti di ufficio, che disciplina la violazione del dovere specifico del medico pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che rifiuta indebitamente un atto del proprio ufficio che, per ragioni di sanità, deve essere compiuto senza ritardo.
L’omissione di atti d’ufficio è specifica rispetto a quella generale, dell’omissione di soccorso, sotto il profilo soggettivo e oggettivo e assorbe l’ipotesi generale del reato di omissione di soccorso, con la conseguenza che va in radice esclusa la configurabilità di tale delitto, anche in ossequio al principio del ne bis in idem sostanziale, anche perché, nel caso in esame, al medico è stato contestato il reato di omissione di soccorso, perché, con la condotta indicata, ovvero il rifiuto di atti d’uffcio, aveva omesso di prestare l’assistenza occorrente al ferito, recatosi presso la guardia medica di Gambatesa per ricevere le cure del caso.
Il giudice di merito ha escluso il rifiuto e l’omissione, avendo il medico, addetto al servizio di guardia medica, provveduto, dopo avere ottenuto il consenso del paziente, a chiamare il 118 e far ricoverare in paziente in ospedale, dove si era provveduto alla sutura della ferita.
Il ricorrente ha sottoposto all’esame della Corte di legittimità il contenuto delle dichiarazioni rese dai testi.
Ma con ciò si chiede alla Corte non già un controllo sulla motivazione e sulla regola di giudizio adottata dal giudice di merito, bensì un’inammissibile rivalutazione del materiale probatorio.
Inaccoglibile anche la censura, rivolta al giudice di merito, per aver fatto riferimento all’inesistenza di pericolo di vita del ferito e all’irrilevanza concreta del ritardo nella medicazione poi effettuata.
Il riferimento era funzionale alla chiamata del 118 e al successivo ricovero del ferito in ospedale, non già a richiedere la sussistenza del pericolo di vita.

Anna Teresa Paciotti

Corte di Cassazione Sez. Sesta Pen.
Sent. del 15.07.2011, n. 28005

Ritenuto in fatto
l. Con la sentenza sopra indicata, il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Campobasso, ex art. 425 c.p.p., ha disposto non luogo a procedere nei confronti di G. C., imputato dei reati di cui agli artt. 328, 1° comma, e 593 c.p., per avere – come incaricato di pubblico servizio in qualità di medico incaricato della guardia medica presso l’ambulatorio di Gambatesa – omesso di prestare l’assistenza occorrente e le cure del caso (disinfettazione e sutura) a D. C., che si era presentato con ferita lacera in sede frontale, esito di caduta.
2. Ricorre per cassazione il pubblico ministero, il quale deduce inosservanza degli artt. 328 e 593 c.p., erronea applicazione dell’art. 425 c.p.p. e vizio di motivazione della sentenza.
Considerato in diritto
1. Il ricorso non merita accoglimento.
2. Rileva innanzitutto il Collegio che l’art. 593, comma 2, c.p., delinea una fattispecie penale omissiva riferita a chiunque, «trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo», ometta di prestare l’assistenza occorrente o di darne immediato avviso all’autorità. Tale fattispecie, che sanziona la violazione di un dovere generale di soccorso, non viene in rilievo e non concorre formalmente – in forza del principio di specialità (art. 15 c.p.) – con il delitto di omissione di atti di ufficio (art. 328, comma 1, c.p.), che disciplina la violazione del dovere specifico del medico pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che rifiuta indebitamente un atto del proprio ufficio che, per ragioni di sanità, deve essere compiuto senza ritardo. La fattispecie prevista dall’art. 328 c.p. è specifica rispetto a quella generale sotto il profilo soggettivo e oggettivo e, comunque, assorbe l’ipotesi generale di cui all’art. 593 c.p., con la conseguenza che va in radice esclusa la configurabilità di tale delitto, anche in ossequio al principio del ne bis in idem sostanziale, tanto più che, nel caso in esame, al C. è stato contestato il reato di cui all’art. 593 c.p., «perché, con la condotta indicata al capo A (ossia proprio quella relativa alla contestazione del delitto di cui all’art. 328 c.p.), ometteva di prestare l’assistenza occorrente al ferito C. D., recatosi presso la guardia medica di Gambatesa per ricevere le cure del caso».
3. In ordine all’art. 328, comma 1, c.p., il giudice di merito ha escluso il rifiuto e l’omissione, avendo il C., addetto al servizio di guardia medica, provveduto, dopo avere ottenuto il consenso del paziente, a chiamare il 118 e far ricoverare in paziente in ospedale, dove si provvide alla sutura della ferita. Il ricorrente sottopone all’esame della Corte di legittimità il contenuto delle dichiarazioni rese dai testi, così sostanzialmente richiedendo al giudice di legittimità non già un controllo sulla motivazione e sulla regola di giudizio adottata dal giudice di merito, bensì un’inammissibile rivalutazione del materiale probatorio. Per quanto concerne la censura di vizio della motivazione per avere il giudicante fatto riferimento all’inesistenza di pericolo di vita del C. e all’irrilevanza concreta del ritardo nella medicazione poi effettuata, il Collegio osserva che il riferimento era funzionale alla chiamata del 118 e al successivo ricovero del C., non già a richiedere la sussistenza del pericolo di vita nella configurabilità della fattispecie prevista dall’art. 328 c.p.

P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.
Depositata in Cancelleria il 15.07.2011

Ultimo aggiornamento

25 Luglio 2011, 09:17

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