Autocertificazione malattia, da Brunetta ai medici fiscali si allarga il fronte del no (da DoctorNews33 del 12 luglio 2017)

Data:
13 Luglio 2017

E sull’autodichiarazione di malattia a cura del lavoratore alla fine si pronunciò Renato Brunetta, che nel governo Berlusconi era stato l’artefice della certificazione telematica. Il disegno di legge di Maurizio Romani (IdV) appena incardinato in Senato non piace all’ex ministro della Pa. Gli offre l’idea di «un disfacimento di quanto fatto fino ad ora per cercare di rendere più efficiente la Pubblica amministrazione». Brunetta su Fb rivendica che la sua legge (la 150 del 2009) «è stata una riforma di grande rilevanza, osteggiata dai medici di famiglia, che ha permesso una comunicazione delle assenze in tempo reale» e ha permesso all’Inps «un minor carico di lavoro per il controllo del cartaceo. L’autocertificazione (…) peggiorerebbe anche la situazione preesistente, con un maggior aggravio di lavoro all’Inps ed una difficoltà nei controlli».

In realtà i sindacati medici, se otto anni fa premevano affinché i primi tre giorni di malattia potessero essere autocertificati dal lavoratore, oggi non sono così favorevoli. Il problema: nel Ddl, per l’architettura informatica del sistema Inps, sarebbe comunque il medico a spedire l’autodichiarazione del lavoratore all’Istituto, con la stessa modalità online del certificato di malattia. Con quali differenti responsabilità? Romani dice che qui farebbe solo “da postino”. Ma Pina Onotri leader Smi paventa che i giudici possano procedere sul medico che inoltri una dichiarazione rivelatasi falsa; Angelo Testa leader Snami ricorda che per lievi patologie, come il mal di testa o la diarrea, la cui diagnosi non può che essere fatta sulla base di sintomi clinicamente non obiettivabili un’auto-attestazione «sarà utilissima, ma nessuno si azzardi a pensare il Medico come “trasmettitore di dati” all’Inps per conto terzi». Solo la Fimmg con la sezione laziale guidata da Maria Corongiu elogia il ddl, a patto però preveda «sistemi di acquisizione snelli delle autodichiarazioni che non implichino il coinvolgimento del medico»: urge sfruttare le credenziali già distribuite ai cittadini sul sito Inps o la modalità telefonica (call center), «oltre alla possibilità già prevista dal ddl di acquisire la dichiarazione di assenza direttamente tramite il datore di lavoro». Perplesse le imprese con Confartigianato e Confindustria. Peraltro, i certificati entro i 3 giorni si riferiscono tutti ad assenze per le quali a pagare le giornate di lavoro perse è il datore di lavoro.

«Tutti i certificati sono uguali, e quelli con la prognosi entro i 3 giorni sono il 33% del totale, un’enormità cui l’autodichiarazione potrebbe dare la chance di crescere ancora», dice Claudio Palombi presidente dell’Associazione dei Medici Fiscali Anmefi. I medici che per Inps accertano la malattia hanno appena ottenuto dal decreto Madia il polo unico per razionalizzare gli accertamenti, «con fondi dedicati a fronte di maggior efficacia dei controlli, ed ecco che parte questa proposta che per noi non tutela né il lavoratore né il medico di famiglia». «La spedizione online all’Inps -ricorda Palombi- non fa differenza tra certificati ed autoattestazioni del lavoratore, ciò che viaggia per quel canale è un atto che a monte prevede la presa visione del paziente, la visita, la prescrizione di una terapia, prognosi e la certificazione di malattia. Di fronte a un’epigastralgia autodiagnosticata dal lavoratore e poi rivelatasi un infarto, difficilmente si potrà escludere una responsabilità oggettiva per il medico dal cui studio è partita l’autoattestazione. Una legge che voglia tutelare tutti deve prendere atto sia che il medico non sempre può fare diagnosi oggettive, sia che il lavoratore non può essere lasciato solo, va comunque visitato dal medico di fiducia che lo conosce e più di ogni altro sa se magari sta sottovalutando un sintomo. Perché non si è cercato prima di fare interagire il ddl Romani, in pista da tempo, con la legge Madia di riforma della Pa, che ha dalla sua la possibilità di verificare se e quanto gli investimenti previsti controllino il fenomeno dell’assenteismo?» Per Palombi e Anmefi, che hanno prodotto un comunicato, il ddl inciderebbe sul terzo di assenze sotto i 3 giorni a carico dei datori di lavoro e forse le incrementerebbe ponendo tutta quella patologia fuori dal controllo della medicina di famiglia. «Con il risultato -dice il Presidente Anmefi- di escludere la visita medica e le idonee terapie per una fetta di pazienti che se trascurati potrebbero veder allontanata la guarigione e causare maggiori spese d’indennità di malattia alla collettività».

Mauro Miserendino

Ultimo aggiornamento

13 Luglio 2017, 02:35

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