“Anche i medici devono sentirsi responsabili della salute dell’ambiente”. Il documento di Fnomceo, Isde, Cipomo e Slow Medicine (da quotidianosanita.it del 7 febbraio 2020)
Data:
12 Febbraio 2020
“Le conoscenze a nostra disposizione – si spiega nel documento – rendono ormai eticamente ed economicamente inaccettabile occuparsi solo degli aspetti clinici della medicina, continuando a trascurare le enormi potenzialità della prevenzione primaria e le conseguenze sulla salute dell’ambiente, dei cambiamenti climatici, della produzione di energia, dei mezzi di trasporto, delle tecniche agricole e di allevamento, del modo di alimentarsi e della qualità dei cibi, delle scelte economiche, delle sempre più evidenti disuguaglianze sociali”.
IL DOCUMENTO.
07 FEB – “La salute è la cosa più preziosa che abbiamo ma non sempre ne parliamo con cognizione di causa e soprattutto facciamo poco per ridurre l’impatto negativo che le attività umane esercitano su di essa. Medici e professionisti della salute devono sentirsi responsabili anche della tutela dell’ambiente attraverso attività di educazione sanitaria nei confronti dei pazienti e di ‘advocacy’ nei riguardi della comunità, dei decisori politici e delle istituzioni”.
È quanto si legge nel documento “Verso un’ecologia della salute”, stilato da Fnomceo, Isde (Medici per l’ambiente), Cipomo (primari oncologi medici) e Slow Medicine, al quale hanno già aderito l’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica Onlus, l’Associazione Italiana Gastroenterologi & Endoscopisti Digestivi Ospedalieri, l’Associazione Libera Specializzandi, la Società Italiana della Riproduzione Umana, la Società Italiana di Psico Neuro Endocrino Immunologia e la Società Italiana di Reumatologia.
“Le conoscenze a nostra disposizione – si sottolinea ancora – rendono ormai eticamente ed economicamente inaccettabile occuparsi solo degli aspetti clinici della medicina, continuando a trascurare le enormi potenzialità della prevenzione primaria e le conseguenze sulla salute dell’ambiente, dei cambiamenti climatici, della produzione di energia, dei mezzi di trasporto, delle tecniche agricole e di allevamento, del modo di alimentarsi e della qualità dei cibi, delle scelte economiche, delle sempre più evidenti disuguaglianze sociali. Questi problemi non possono essere affrontati in modo disgiunto in quanto sistemici, interconnessi e interdipendenti, con effetti finali sulla qualità della vita che risultano dalle loro complesse interrelazioni”.
“Stiamo vivendo una crisi ecologica inedita per gravità, rapidità e portata – si legge ancora – nei confronti della quale i medici e i professionisti della salute non possono più rimanere semplici osservatori. È loro il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica circa le temibili conseguenze che le attività umane producono sugli ecosistemi e sulla salute. Devono porsi come promotori e artefici di un profondo rinnovamento culturale, anche fornendo esempi concreti di come si possono organizzare e gestire le attività sanitarie in modo sobrio, appropriato e sostenibile”.
“Considerato che non meno del 20% di ciò che costituisce la pratica clinica e le attività sanitarie correnti è ritenuto inutile e potenzialmente dannoso, le Associazione e le Società scientifiche che condividono questo progetto si impegnano, in primo luogo, a individuare per quanto di specifica competenza, le procedure sanitarie obsolete e inappropriate, allo scopo di contrastare il crescente consumismo sanitario e l’overuse di prestazioni diagnostiche e terapeutiche”, conclude il documento.
Ultimo aggiornamento
12 Febbraio 2020, 06:45
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