Il Consiglio di Stato: stop a cure fuori dalla regione Campania. Si riducono gli affari per le strutture pontine

Data:
24 Gennaio 2014

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Stop al turismo sanitario. Basta viaggi in altre regioni per effettuare cure che vengono offerte anche a due passi da casa. E addio a una consistente fetta del business delle strutture sanitarie pontine private accreditate con il servizio sanitario.

Il Consiglio di Stato ha accolto gli appelli della Regione Campania e, ribaltando le sentenze emesse l’estate scorsa dal Tar, ha confermato il provvedimento preso l’8 aprile 2013 dal governatore Stefano Caldoro, nella veste di commissario ad acta per la sanità campana, che pone paletti ben precisi alle cure appunto in altre regioni, a partire dal Lazio, rimborsate dalla Campania.

Caldoro, come altri commissari di Regioni alle prese con un forte debito dovuto alla sanità, sta cercando di risanare le casse dell’ente. Il governatore-commissario ha appurato che ogni anno vengono spesi oltre sei milioni di euro per rimborsare strutture sanitarie private di altre regioni per le prestazioni che rendono ai campani. Di più. E’ emerso che larga parte delle cure rimborsate riguardano interventi che, per Caldoro, i pazienti potrebbero fare tranquillamente a casa loro, con meno spese, come quelli sulla retina, sul cristallino, le strutture intraoculari, sul sistema muscolo-scheletrico e alle ginocchia.

Il commissario ha così stabilito con decreto che le prestazioni fuori regione dei campani per essere rimborsate devono essere sottoposte al vaglio di una commissione, istituita presso le diverse Asl, che analizzata la situazione deciderà per ogni singolo caso se dare l’autorizzazione agli interventi fuori dalla Campania. Nel caso in cui la commissione dovesse invece stabilire che le cure richieste i campani possono farle nella loro terra niente turismo sanitario, oppure nessun rimborso alle strutture private che erogano i servizi nelle regioni vicine.

Il provvedimento era stato subito impugnato dall’Aiop Lazio, l’Associazione italiana ospedaliera privata, dal gruppo Giomi, che a Latina gestisce l’Icot, dalla clinica Costa di Formia e da altre strutture accreditate, sostenendo che quell’atto era illegittimo, che ai pazienti doveva essere garantito il diritto alla salute e la libertà di scegliere dove farsi curare. Ricorsi accolti l’estate scorsa dal Tar della Campania e che avevano fatto sperare agli imprenditori della sanità privata di essersi salvati da una consistente riduzione del business.

Niente da fare. La Regione Campania ha fatto appello e ottenuto ragion al Consiglio di Stato. Vista la situazione, per i giudici di Palazzo Spada bene ha fatto Caldoro a cercare di risparmiare qualcosa nelle enormi spese per la sanità. E per i pontini che mandano avanti strutture sanitarie accreditate gli affari si riducono.

Ultimo aggiornamento

24 Gennaio 2014, 14:44

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