Barbara Ensoli, l’attività del medico di Latina per il vaccino anti HIV oggetto di una interrogazione al Ministro della Salute. Le accuse contenute in un libro. I chiarimenti forniti dalla ricercatrice.

Data:
7 Giugno 2014

Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00972

Atto n. 3-00972 (in Commissione)

Pubblicato il 27 maggio 2014, nella seduta n. 248

DE BIASI – Al Ministro della salute. –

Premesso che:

secondo un’inchiesta condotta dal mensile “Altraeconomia” e pubblicata nel 1998, la dottoressa Barbara Ensoli, vice presidente della commissione nazionale per la lotta contro l’Aids e direttore del centro nazionale Aids presso l’Istituto superiore di sanità, annunciò che grazie ad una proteina virale, la Tat, si sarebbe potuto ottenere un vaccino dal potere sia preventivo che terapeutico;

successivamente, nel corso degli ultimi 16 anni, sono stati stanziati 49 milioni di euro di finanziamenti pubblici per il programma di ricerca contro l’HIV. Ad oggi, nonostante l’ingente somma stanziata, risulterebbe la sospensione della sperimentazione, nonché la parziale privatizzazione dei brevetti;

il 4 marzo 2014, il consiglio di amministrazione dell’Istituto superiore di sanità, con delibera n. 7, ha stabilito che: “La fase che il programma vaccino ha raggiunto impone il suo trasferimento dal settore pubblico, dove ha raggiunto i limiti massimi sostenibili in termini di investimenti finanziari, al settore privato (…) per le connesse successive fasi di registrazione e industrializzazione. (…) Ed è per questo che al fine di reperire le risorse necessarie (…) si rende necessario concedere a Vaxxit Srl una opzione di licenza esclusiva (della durata di 18 mesi) per l’utilizzo dei suddetti brevetti”;

secondo quanto emergerebbe dall’inchiesta, la Vaxxit Srl sarebbe una piccola società, con un capitale sociale pari a 10.000 euro, di cui circa il 70 per cento risulterebbe appartenere alla stessa dottoressa Ensoli,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti, se corrispondano al vero e quali siano le sue valutazioni in merito;

se sia prassi abituale vendere a privati i brevetti relativi a sperimentazioni finanziate con stanziamenti pubblici;

se non ritenga opportuno verificare l’esistenza di eventuali abusi e conseguentemente se non ritenga, anche mediante specifici indirizzi, garantire che la sperimentazione nel campo della ricerca contro l’HIV sia condotta nell’esclusivo interesse della salute dei cittadini e sia posta al riparo da speculazioni.

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da “Il Fatto Quotidiano del 1 dicembre 2012 di Valeria Gandus

Aids, Vittorio Agnoletto e lo scandalo del vaccino italiano: “Sprecati 50 milioni”

Nel 1998 sembrava che l’Italia avesse trovato la formula per un vaccino. Quattordici anni e molti altri annunci dopo, esce un libro che getta pesanti ombre sulla fondatezza scientifica dei risultati ottenuti e lamenta uno sconsiderato esborso di denaro pubblico per sostenerne la ricerca

Se ne parla dal lontano 1998: “Vaccino anti-Aids: l’Italia è prima” titolavano i giornali nell’ottobre di quell’anno celebrando il successo di una scienziata allora giovane e sconosciuta, Barbara Ensoli, e del vaccino, basato sull’utilizzo della proteina virale Tat, che avrebbe reso possibile la prevenzione del flagello Aids. Quattordici anni e molti altri annunci dopo, esce un libro, “Aids – Lo scandalo del vaccino italiano” (Feltrinelli) che getta pesanti ombre sulla fondatezza scientifica dei risultati ottenuti dalla Ensoli e lamenta uno sconsiderato esborso di denaro pubblico per sostenerne la ricerca. L’ha scritto Vittorio Agnoletto, medico, fondatore e a lungo presidente della Lila (Lega italiana per la lotta contro l’Aids) con la collaborazione del giornalista Carlo Gnetti.

Che non si tratti di una disputa fra scienziati in punta di fioretto lo si capisce fin dalla prefazione, un’autentica bomba, scritta da un luminare: Robert Gallo, scopritore nel 1983, con il francese Luc Montagnier, del virus Hiv. “La Tat è un’idea illogica per un vaccino preventivo; infatti dopo quindici anni non esistono risultati convalidati a sostegno di questo approccio” scrive lo scienziato americano, con il quale la Ensoli ha collaborato nei tardi anni Ottanta. “La Tat suscitò un qualche interesse come vaccino terapeutico nella prima metà degli anni Novanta, ma non dopo il 1995, quando ormai erano disponibili terapie farmacologiche anti-Hiv estremamente efficaci”.

Ma facciamo i proverbiali passi indietro. Fin dall’inizio, la sperimentazione del vaccino Ensoli sugli animali suscita forti dubbi in ambito scientifico per le modalità con cui sarebbe stata effettuata (condizioni delle scimmie) e sulla potenziale tossicità della proteina Tat (ancora Gallo). E comunque, fin dal 2000 si va precisando che i vaccini Tat (quello italiano non è il solo, ce n’è un altro, americano) non sono veri vaccini. Lo afferma, per esempio, Ferdinando Aiuti, maestro della Ensoli e, all’epoca, uno dei massimi esperti in materia: “Sia il vaccino della Ensoli, sia quello di Letvin non danno una protezione per la malattia ma potranno essere utili per i sieropositivi”.

Arriviamo così alla Fase1 della sperimentazione, quella sugli uomini. Nel luglio 2005 l’Istituto superiore della Sanità (Iss) comunica ufficialmente: “Il vaccino si è dimostrato sicuro e ben tollerato dai pazienti”. Inoltre: “Una risposta immune specifica si è riscontrata sia nei soggetti sani sia in quelli sieropositivi”. Ma la diffusione di questo annuncio semina sconcerto fra i ricercatori che partecipano allo studio clinico. Il primo a insorgere è proprio l’ex maetro della Ensoli, Aiuti, uno dei tre esperti che conducono la sperimentazione. “Accade solo in Italia” dichiara. “Si dà l’annuncio sui risultati della sperimentazione di un farmaco quando la sperimentazione è ancora aperta”. Inoltre, secondo Aiuti vi sono forti incertezze sulla possibilità di indurre anticorpi neutralizzanti anti-Tat: “Mi sorprende che il vaccino anti-Tat, che non è stato in grado di evocare una risposta anticorporale nelle scimmie vaccinate dalla stessa dottoressa Ensoli, oggi sia in grado di formare anticorpi nell’uomo”. Seguono lettere di protesta all’Iss e al ministro della Salute (all’epoca Francesco Storace), repliche, controrepliche e una denuncia della Ensoli contro Aiuti, che si risolve molti anni più tardi a favore di Aiuti.

A sollevare obiezioni sul modo in cui sono state condotte le sperimentazioni della Fase I è anche l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) che riscontra “sette deviazioni critiche e tre deviazioni maggiori” nel percorso di sperimentazione. La sperimentazione, comunque, va avanti, anche se al rallentatore: è solo nel luglio 2008 che l’Iss, annuncia l’avvio del “programma di sperimentazione di fase II del vaccino basato sulla proteina Tat” . Dalla lettura dei documenti ufficiali, però, emerge un diverso obiettivo della ricerca: non più un vaccino che immunizzi dal virus ma un vaccino terapeutico, destinato a potenziare le difese delle persone sieropositive contro le infezioni già contratte. “Tutto ciò” scrive Agnoletto “autorizza a pensare che il vaccino Tat preventivo inizialmente sperimentato sia fallito, e questo confermerebbe quanto aveva già sostenuto Robert Gallo”.

E come sospettano altri ricercatori, tanto che la deputata radicale Maria Antonietta Coscioni recepisce critiche e dubbi in un’interrogazione parlamentare alla quale l’allora ministro della Salute Ferruccio Fazio risponde che “le preoccupazioni espresse da alcuni sperimentatori sul rigore scientifico ed etico del progetto (…) non possono inficiare lo sviluppo di un vaccino valutato, al contrario, favorevolmente dagli esperti delle agenzie regolatore e degli organi istituzionalmente preposti alla sua valutazione”. Nessun riferimento alle deviazioni riferite dall’Aifa e alle tante critiche sollevate anche in sede internazionale. L’interrogazione viene riproposta nel maggio 2012, senza ricevere risposta.

Quello che è certo è che la famosa fase II annunciata nel 2005 e iniziata, solo in Italia, nel 2008 coinvolgendo 128 persone, a tutt’oggi non è ancora conclusa. Intanto, dopo anni di silenzio, nell’aprile 2011 l’Iss annuncia la sperimentazione anche in Sudafrica di un vaccino terapeutico, quindi per persone sieropositive, basato sulla proteina Tat. Sperimentazione che lascia sul campo Blenda Gray, responsabile dell’unità di ricerca di Soweto, dimissionaria dopo un vivace scambio epistolare con la Ensoli, alla quale chiedeva delucidazioni su diversi interrogativi relativi alla fase I. La sperimentazione, come s’è detto è per un vaccino terapeutico, ma “si testerà anche a scopo preventivo su soggetti sani, poiché il rischio di contagio è molto alto” aggiunge il comunicato Iss. E qui Agnoletto cade, furiosamente, dalle nuvole: “Come si può testare un composto la cui efficacia è così dubbia, per di più in un contesto difficile e ad alto rischio come quello africano?”.

Una preoccupazione che non pare esagerata, tanto più che, come dice Agnoletto, “A oggi, 2012, nei siti ufficiali non siamo riusciti a trovare traccia della sperimentazione in Sudafrica su soggetti sani del vaccino preventivo”. E che, nel giugno 2011, è stato annunciato l’avvio, solo in Italia, di una nuova fase I per un nuovo vaccino preventivo: questa volta con un protocollo diverso, che associa la proteina Tat a un’altra proteina, l’Env. Signori, si ricomincia! Dopo aver destinato circa 50 milioni di euro, tra fondi per la Ricerca e fondi per la Cooperazione, al mirabolante “vaccino italiano” quanti ne serviranno per il prossimo?

I chiarimenti forniti da Barbara Ensoli

Considerazioni libro Agnoletto

Aids: Ensoli (Iss), vaccino pronto nel 2018 solo se ci sono fondi

18:18 26 MAG 2014

(AGI) – Roma, 26 mag. – Fondi permettendo, il vaccino dell’AIDS potrebbe essere registrato entro la fine del 2018. L’ha dichiarato Barbara Ensoli, Vice-Presidente della Commissione Nazionale AIDS, a margine della VI edizione di I.C.A.R.
(Italian Conference on AIDS and Retrovirus), promosso da SIMIT (Societa’ Italiana Malattie Infettive e Tropicali). “Abbiamo completato la fase 2 in Italia, con 168 persone, ottenendo risultati incoraggianti – dichiara Barbara Ensoli – Stiamo terminando una fase 2 in Sudafrica, con 200 persone, dove partira’ a breve la fase 3, quella finale. Circa tale vaccino terapeutico, i dati preliminari sono estremamente promettenti, ma ci vogliono ancora alcuni anni per renderlo disponibile.
Quest’attesa dipende dalla mancanza di fondi, ma per fine 2018 dovremmo riuscire a registrare il vaccino nel Sudafrica, per poi procedere in Europa e in America”. A margine del congresso, Barbara Ensoli commenta la notizia sul vaccino “privatizzato”. Secondo l’inchiesta del mensile Altreconomia, pubblicata sul numero di maggio, infatti, sono stati stanziati finora 49 milioni di euro di soldi pubblici per la ricerca del vaccino, ma dei risultati potrebbe beneficiarne un ente privato. Secondo l’approfondimento, oggi una parte rilevante dei brevetti e’ stato ceduto alla Vaxxit srl, con un capitale sociale pari a 10 mila euro per il 70% appartenente alla stessa Barbara Ensoli. “I fondi per registrare il vaccino in Sudafrica oscillano tra i 35 e i 40 milioni di euro. Per le fasi successive serviranno altri 50-60 milioni per procedere in Europa e in America. Noi finora abbiamo speso 26,8 milioni di euro pubblici. Fare una startup e’ l’unico modo per reperire questi fondi, perche’ il pubblico non li ha. La cosa peggiore che trovo in Italia e’ l’ignoranza: prima di parlare occorrerebbe studiare correttamente la situazione che si commenta. Saranno gli investitori stessi a cogliere i frutti economici di questa ricerca; stesso discorso per quanto riguarda lo Stato Italiano”.
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Ultimo aggiornamento

7 Giugno 2014, 08:19

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