Proposta di modifica della direttiva dell’Unione Europea 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro
Proposta di modifica della direttiva dell’Unione Europea 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro
Poiché non è stato possibile trovare un accordo in conciliazione, la proposta diventa caduca e la direttiva attuale resta in vigore.
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Bruxelles, 15 settembre 2008
10597/2/2008 REV 2
POSIZIONE COMUNE adottata dal Consiglio il 15 settembre 2008 in vista dell’adozione di una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoroClicca qui per il documento
Parlamento Europeo
Commissione per l’occupazione e gli affari sociali
5 novembre 2008
Il Progetto di raccomandazione per la seconda lettura
Alejandro Cercas
Il relatore, Alejandro Cercas , si è opposto con forza a questa clausola: “l’opt-out può portare ad un dumping sociale nell’intera Unione Europea. I Paesi che dispongono di leggi ingiuste faranno concorrenza ai paesi dotati invece di leggi sociali più giuste ed avanzate”. E continua affermando che la competitività dell’Europa non si basa sulle ore di lavoro piuttosto sulla capacità di innovazione, sulla capacità di aumentare la produttività e il valore aggiunto dei lavoratori. Il pericolo di questa clausola é quello di mettere in crisi il già difficile e delicato equilibrio tra lavoro e famiglia.
Il rapporto dell’eurodeputato Cercas ha ottenuto 35 voti favorevoli, 13 contro e 2 astensioni.
Della fazione del “contro”, l’eurodeputata inglese Elisabeth Lynne (Alde), per la quale il mantenimento della clausola dell’out-put é essenziale: “Gli Stati Membri che non utilizzano la clausola di non partecipazione sono quelli che registrano il piú alto tasso di lavoro non dichiarato”.
Tutti, secondo Lynne, dovremmo avere la possibilità di gestire il nostro tempo di lavoro, purché di tratti di una scelta fatta liberamente e volontariamente.
Il voto della direttiva é stato anticipato al 5 novembre per permettere, al Parlamento e al Consiglio, di trovare in via del tutto informale un compromesso prima del voto in sessione plenaria, previsto per il prossimo dicembre a Strasburgo.
Affinché gli emendamenti della commissione parlamentare EMPL siano definitivamente adottati, è necessario ottenere in plenaria la maggioranza assoluta dei voti.
CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA
Bruxelles, 17 e 18 dicembre 2008
La Presidenza ha comunicato ai Ministri i principali risultati della seconda lettura del Parlamento, avvenuta il 17 dicembre.
Parlamento Europeo
Commissione per l’occupazione e gli affari sociali
5 febbraio 2009
Parere sulla posizione del Parlamento europeo assunta il 17 dicembre 2008 in seconda lettura
Aggiornato al 7 settembre 2005
L’11 maggio 2005, il Parlamento, in prima lettura, ha adottato a larga maggioranza il testo della direttiva accogliendo le proposte del rapporto CERCAS che, in sintesi, stabilisce:
la scomparsa del ricorso alla clausola dell’opt-out entro 3 anni dalla promulgazione della Direttiva;
la conferma dell’integrazione della durata della guardia nel tempo di lavoro chiarendo la nozione di guardia inattiva con la possibilità di differenziare questo tempo per il calcolo del tempo medio massimo di lavoro settimanale;
la necessità, nel caso di salaritato con vari impieghi, di calcolare il tempo di lavoro addizionando i differenti contratti.
A corollario di questo problema del tempo di lavoro, interviene la questione del riposo compensativo.
Se nessuno ne mette in discussione la necessità, tuttavia parecchi si domandano, in contraddizione con le decisioni della Corte di Giustizia, se tale periodo riposo possa essere anche fino a 72 ore successive alla guardia.
A questo proposito, il Parlamento ha deciso che il riposo compensativo debba seguire immediatemente il periodo di guardia.
Da una parte, il Parlamento europeo, sensibile all’aspetto umano, insiste a più riprese sulla salute e sulla sicurezza del lavoratore così come sul rispetto della sua vita personale e familiare, dall’altra, la Commissione europea, più amministrativa, si preoccupa della flessibilità dell’organizzazione del lavoro e delle difficoltà finanziarie delle strutture.
In materia di salute, il problema si aggrava ancor più in parecchi Paesi membri della UE per il fatto della penuria di medici che andrà aumentando nei prossimi anni.
Questo il commento de “Il Sole 24 Ore Sanità” nel n.20 del 24-30 maggio 2005 :
A chiedere di eliminare il diritto di superare il tetto, riconosciuto a ogni lavoratore europeo dalla direttiva 2003/88/Ce sull’organizzazione dell’orario di lavoro, è l’Europarlamento, nella proposta di nuova direttiva approvata in prima lettura l’11 maggio con 355 voti favorevoli, 272 contrari e 31 astensioni.
I deputati prendono così le distanze dalla posizione della Commissione che, pur rendendo più severe le condizioni per potervi ricorrere, propone invece il mantenimento della clausola di rinuncia (opting out) pretesa a suo tempo dal Regno Unito.
Per il relatore, lo spagnolo Alejandro Cercas (Ppse), la possibilità di oltrepassare le 48 ore «contrasta con la direttiva sulla tutela dei lavoratori, con il Trattato e con la Carta dei diritti fondamentali » e «rende difficile conciliare la vita familiare e lavorativa».
Sempre in contrasto con l’Esecutivo, inoltre, il Parlamento Ue – sulla scorta di diverse pronunce della Corte di giustizia riguardanti soprattutto i medici – chiede che l’intero periodo di servizio di guardia, «incluso il periodo inattivo», sia considerato come orario di lavoro, sebbene con la possibilità, per ogni Stato membro, di calcolare «in modo specifico» l’inattività, in modo da rispettare la durata massima settimanale.
I deputati sono invece d’accordo con la Commissione, quando propone di rendere più flessibile la durata media della settimana lavorativa di 48 ore, estendendo dai quattro mesi attuali a 12 il periodo di riferimento «per ragioni obiettive, tecniche o di organizzazione del lavoratori sono coperti da contratti collettivi.
Se così non fosse, gli Stati membri possono ricorrere a misure legislative purchè sia assicurata la consultazione dei lavoratori e che il datore di lavoro adotti i provvedimenti necessari per prevenire qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza dei dipendenti.
In un altro emendamento, l’Europarlamento reclama che l’orario di lavoro sia organizzato in maniera tale da permettere ai lavoratori di seguire una formazione continua, per tutto l’arco della vita.
E difendono l’obiettivo di garantire un migliore equilibrio tra l’esigenza di conciliare lavoro e famiglia, senza negare la necessità di maggiore flessibilità dell’orario.
La relazione chiarisce poi la situazione dei lavoratori legati a più di un contratto, prevedendo che l’orario di lavoro di una persona debba essere calcolato come la somma dei periodi lavorativi prestati a titolo di ogni contratto.
Fredde le reazioni della Commissione, Vladimír Spidla, a nome dell’Esecutivo, ha definito inaccettabile la posizione espressa sull’opting out, riconoscendo però che si tratta di un «problema critico» e dicendosi disponibile a discuterne.
Anche sul computo dei periodi di guardia, Spidla ha sottolineato che l’emendamento rischia di provocare maggiore incertezza giuridica.
«Valide », invece, le proposte sui periodi di riposo: 11 ore quotidiane, pause regolari e almeno quattro settimane di ferie pagate l’anno.
Se Cercas ha invitato a non esultare troppo («Abbiamo vinto una battaglia ma non ancora la guerra»), non si è fatta attendere la reazione critica dell’industria europea: per l’Unice, «la flessibilità dell’orario è essenziale per la competitività delle imprese ma è anche nell’interesse dei lavoratori».
E le divisioni interne ai vari Paesi (con Gran Bretagna e Germania decise a difendere l’opt out e Svezia, Francia, Belgio, Finlandia, Grecia e Ungheria contrarie all’idea stessa di una nuova direttiva in materia) non fanno ritenere probabile un allineamento del Consiglio dei ministri sulla posizione del Parlamento.
La speranza dei deputati è quella di chiudere la partita il 3 giugno, alla prossima riunione dei ministri sotto la presidenza lussemburghese. Poi la presidenza passerà al Regno Unito.
Il 31 maggio 2005, la Commissione Europea ha presentato una modifica della proposta di direttiva, accettando alcuni emendamenti ma rifiutando la proposta riguardante la soppressione completa dell’opt-out dopo un periodo di tre anni dall’entrata in vigore della Direttiva.
E propone un compromesso consistente nel dare la possibilità agli Stati membri di derogare a questa regola così da consentirne praticamente la sopravvivenza fino a nove anni dall’entrata in vigore della Direttiva.
Il Consiglio “Lavoro, Affari Sociali, Salute e Consumatori” si è riunito il 2-3 giugno 2005
Al termine dell’esame del Consiglio il presidente ha delineato le seguenti conclusioni orali:
– la maggior parte degli Stati membri non ha avuto il tempo di approfondire l’esame della proposta modificata che la Commissione ha presentato il 31 maggio. È impossibile pertanto trarre le conclusioni definitive.
– Il punto principale in discussione è l’opt-out.
Due sono le posizioni estreme individuabili.
Da un lato, quella degli Stati membri che chiedono la libertà di scelta, sottolineando la necessità di crescita economica, e quindi chiedono l’opt out.
Dall’altro, quella degli Stati membri che ritengono che l’annualizzazione del periodo di riferimento per il conteggio della durata settimanale dell’orario di lavoro consenta la flessibilità sufficiente a poter prevedere un termine preciso per l’opt out.
Tra le posizioni suddette è possibile individuare molte sfumature.
Le delegazioni intendono inoltre trovare un compromesso valido, vista anche l’urgenza di trovare una soluzione a livello comunitario riguardo al trattamento da riservare ai periodi inattivi del servizio di guardia, in seguito alle sentenze della Corte di giustizia nei casi SIMAP e JAEGER.
Il presidente ha rilevato che una soluzione accettabile per il Consiglio e il Parlamento europeo potrebbe dipendere segnatamente dal proseguimento della riflessione su due problemi:
da un lato, i problemi nei settori professionali della salute e dall’altro quelli derivanti dal fatto che in molti Stati membri i lavoratori dipendenti cumulano vari contratti di lavoro.
– Il presidente ha preso atto che la Commissione intende tener conto di questi due aspetti fissando, nella proposta modificata, una scadenza per l’opt-out, che sarebbe tuttavia prorogabile.
Però varie delegazioni hanno espresso perplessità sulla mancanza di criteri obiettivi per siffatta proroga e hanno sottolineato la necessità di prendere una decisione che rispetti gli interessi degli Stati membri.
Il presidente ha preso anche atto che la Commissione è disposta a cercare un compromesso.
Si tratta, da una parte, di esaminare di nuovo il periodo di riferimento in base al quale si deve conteggiare il tempo di lavoro medio settimanale, che dovrebbe per alcuni superare quello attuale di quattri mesi e, dall’altra parte, di ristudiare la facoltà, ottenuta nel 1993 dal Regno Unito, di derogare, con l’accordo del lavoratore, alla regola delle 48 ore di lavoro settimanale (clausola dell’opt-out).
Difatti, la Commissione, con la Comunicazione del 30 dicembre 2003 pubblicata il 5 gennaio 2004 ha iniziato un processo di consultazione molto ampio potendo lo stesso portare eventualmente ad una modifica della direttiva e ad abrogare la regola, peraltro confermata per due volte dalla Corte di Giustizia (03/10/2000 e 09/10/2003 – sentenze SIMAP e Jaeger), che ha stabilito che la guardia deve essere considerata come un tempo di lavoro quando richiede la presenza sul posto di lavoro (al contrario della “reperibilità”).
Oltre che indirizzata al Parlamento Europeo, al Consiglio dell’Unione Europea, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni, la comunicazione ha rappresentato la base per una consultazione delle istituzioni ed organizzazioni dei lavoratori a livello comunitario che hanno potuto esprimere i loro commenti e suggerimenti sulla necessità di revisione della direttiva entro il 31 marzo 2004.
La consultazione si è basata su cinque quesiti:
-La durata del periodo di riferimento e le possibili deroghe (articoli 16 e 17), il periodo di riferimento essendo di 4 mesi con una eventuale estensione a 6 o 12 mesi.
-Le condizioni di applicazione dell’art.18.1.b.)i) fanno ugualmente giocare l’opzione di non-partecipazione, lasciando agli Stati membri la possibilità di prevedere nelle loro legislazioni che un lavoratore lavori più di 48 a settimana se tutte le condizioni poste dall’articolo 18(1)b) I sano rispettate. La condizione più importante è che il lavoratore dia il suo consenso.
-La definizione di tempo di lavoro, in particolare alla luce delle recenti decisioni della Corte di Giustizia Europea.
-Le misure tendenti a migliorare l’equilibrio tra il lavoro e la vita di famiglia.
-La definizione di una approccio che permetta di ottenere una soluzione equilibrata di queste misure.
Nella seduta dell’11 febbraio 2004, il Parlamento approva la Proposta di Risoluzione presentata dal relatore Cercas, molto critica nei confronti della proposta di direttiva della Commissione e nei confronti del Regno Unito.
Il Consiglio di Ministri della Salute e degli Affari Sociali dell’Unione si è limitato a uno valutazione informale nel corso della riunione del 4 marzo 2004.
La Commissione Europea ha poi iniziato una seconda fase di consultazioni con un documento del 19 maggio 2004 che riporta per esteso la posizione del Parlamento Europeo e delle organizzazioni dei lavoratori a livello europeo, riferendo sulle prese di posizione del Parlamento e del Consiglio, concludendo che tutte le parti hanno affermato l’esigenza di una revisione della Direttiva.
Il Comitato Economico e Sociale Europeo, in data 30 giugno 2004, esprime il parere sulla proposta di direttiva
Infine, il 22 settembre 2004, la Commissione europea ha reso pubblica la sua proposta di revisione della direttiva sul tempo di lavoro.
Vi sono contenute quattro importanti proposte:
Nuove condizioni di ricorso alla non applicazione del limite delle 48 ore settimanali.
Il ricorso a questa clausula resta possiile a livello di ogni singolo paese ma a condizione, per il lavoratore, di rispettare un certo numero di vincoli formali tendenti a proteggere il lavoratore (obbligo di negoziazioni collettive, ottenimento del consenso del lavoratore successivamente alla sottoscrizione del contratto di lavoro, possibilità per il lavoratore di tornare in ogni momento sulla sua decisione…).
Nuovo periodo di riferimento per il calcolo della durata settimanale media del tempo di lavoro di 48 ore.
Il periodo di riferimento utile per calcolare, in media, la durata massima settimanale di lavoro è di 4 mesi e la Commissione propone di permettere di allungare questo periodo fino ad un anno.
Una nuova definizione del tempo di lavoro di guardia.
A seguito di differenti sentenze della Corte di Giustizia della UE relative alla definizione del tempo di lavoro di guardia per i professionisti della salute, la Commissione propone di creare una nuova categoria del tempo di lavoro, il tempo di guardia “inattivo”.
Nuovo ritardo per l’ottenimento del riposo compensativo.
Il riposo compensativo non deve essere sistematicamente accordato subito dopo un periodo di lavoro superiore a 48 ore, ma deve esserlo entro un ritardo di 72 ore.
Il Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori dell’Unione europea si è riunito il 4 ottobre 2004 e ha proceduto ad un primo scambio di opinioni sulla proposta di direttiva
In linea generale, le delegazioni hanno accolto con favore la proposta della Commissione in quanto rafforzerebbe la certezza giuridica in questo settore, in particolare alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia sui periodi di inattività dei medici durante i servizi di guardia.
Nella riunione del 7 Dicembre 2004 il Consiglio, per quanto riguarda la possibilità di estendere il periodo di riferimento usato per il calcolo della durata massima settimanale di lavoro (48 ore) da 4 a 12 mesi, anche se il periodo di riferimento standard dovrebbe rimanere fissato a 4 mesi, come nella direttiva vigente, ha convenuto che sia offerta a titolo provvisorio agli Stati membri la possibilità di estendere tale periodo a 12 mesi qualora ricorrano motivi oggettivi o tecnici o motivi inerenti all’organizzazione del lavoro, a condizione che si rispettino i principi generali della tutela della salute dei lavoratori e si consultino le parti sociali interessate.
Il secondo punto su cui il Consiglio ha compiuto progressi riguarda il “servizio di guardia”, cioè il periodo durante il quale un lavoratore deve essere disponibile sul luogo di lavoro per poter svolgere, a richiesta del datore di lavoro, la sua attività o le sue funzioni.
Il Consiglio ha dovuto tener conto delle sentenze della Corte di giustizia europea nelle cause SIMAP e Jaeger, nelle quali la Corte ha stabilito che i periodi inattivi durante il servizio di guardia (dei medici) sono da considerare attività di lavoro ai sensi della direttiva 2003/88/CE.15 Date queste premesse e basandosi su testi di compromesso proposti dalla presidenza, il Consiglio ha raggiunto un ampio accordo su tre nuove definizioni da inserire nella direttiva: “servizio di guardia”, “periodo inattivo durante il servizio di guardia” (cioè un periodo durante il quale il lavoratore è in servizio di guardia, ma il datore di lavoro non richiede che svolga la sua attività o le sue funzioni) e “luogo di lavoro”.
Il Consiglio ha discusso anche un nuovo articolo, in base al quale il periodo durante il quale il lavoratore svolge la sua attività o le sue funzioni nell’ambito del servizio di guardia deve essere considerato orario di lavoro, mentre il periodo inattivo durante tale servizio non è considerato orario di lavoro, salvo diversa disposizione della legislazione nazionale, di un contratto collettivo o di un accordo tra le due parti dell’industria.
Il Consiglio ha inoltre raggiunto un ampio accordo su un terzo punto, riguardante il “riposo compensativo” da accordare in caso di deroga alle disposizioni della direttiva riguardanti il riposo settimanale.
Il Consiglio ha esaminato una proposta della presidenza secondo la quale il riposo compensativo dovrebbe essere fruito entro 72 ore o entro un periodo ragionevole (7 giorni al massimo) da determinare in base alla legislazione nazionale, a disposizioni regolamentari o amministrative, contratti collettivi o accordi tra le due parti dell’industria.
Il Consiglio ha svolto anche un approfondito dibattito orientativo sulla cosiddetta “disposizione di opt-out”, cioè la possibilità di derogare all’articolo 6 della direttiva 2003/88/CE (che limita a 48 ore la durata media dell’orario di lavoro settimanale), sulla scorta di una proposta di compromesso della presidenza.
Pur se una significativa maggioranza degli Stati membri considera le proposte della presidenza una buona base di discussione, non è stato possibile raggiungere un accordo a questo riguardo.
Va ricordato che la proposta della Commissione prevedeva una modifica dell’articolo 6 della direttiva intesa ad accordare priorità ai contratti collettivi e a limitare l’opt-out individuale ai casi in cui non esista un contratto collettivo in vigore, nè una rappresentanza dei lavoratori abilitata a concluderlo, sottoponendo per di più tale opt-out a condizioni rigorose.
La presentazione del rapporto da parte del relatore Cercas alla Commissione per l’Occupazione e gli Affari Sociali del Parlamento avviene il 15 marzo 2005.
Si preconizza la soppressione del diritto individuale a rinunciare alla durata massima del lavoro settimanale di 48 ore (opt-out), la contabilizzazione della durata della guardia nel tempo di lavoro compresi i tempi inattivi, i quali potrebbero tuttavia essere conteggiati in maniera differenziata per conformarsi al limite settimanale di 48 ore.
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I dirigenti medici e l’orario di lavoro-Tutela normativa e giurisprudenza alla luce delle direttive europee (Iniziativa Ospedaliera n.2/2007).pdf |
Ultimo aggiornamento
12 Dicembre 2022, 11:16